Mafia Capitale, ipotesi vs prove
Le testimonianze al processo “Mafia capitale” dei due ufficiali del Ros che coordinarono operativamente le indagini su Carminati hanno risvegliato l’attenzione dei giornali, almeno di alcuni, sul processo
Le testimonianze al processo “Mafia capitale” dei due ufficiali del Ros che coordinarono operativamente le indagini su Carminati hanno risvegliato l’attenzione dei giornali, almeno di alcuni, sul processo. Senza dubbio quella di lunedì è stata un’udienza in cui la difesa ha segnato un punto ma è possibile che debba guardarsi da una tentazione. Alcune domande dei difensori ai due ufficiali hanno riguardato i tempi delle indagini su Carminati, gli originari spunti investigativi, indiscutibilmente fragili, e poi l’indirizzo diverso che prende l’investigazione quando si concentra sui suoi rapporti con Buzzi e con personaggi dell’amministrazione Alemanno. Il sottotesto era leggibile in modo abbastanza trasparente e mirava a segnalare una torsione nell’inchiesta che a un certo punto vira con decisione sull’ipotesi dell’associazione mafiosa. Si prospetta, in controluce ma neanche tanto visto il piglio di certi difensori, una scelta della procura dovuta più a motivi di politica giudiziaria che all’evidenza dei fatti. Anche l’inserimento nel corso dell’indagine di un altro reparto del Ros può essere d’aiuto all’ipotesi della forzatura. Ipotesi plausibile, ma più in sede giornalistica che giudiziaria. Infatti le domande più incisive hanno riguardato un altro aspetto: l’uso dell’intimidazione da parte di Buzzi, attraverso Carminati, per ottenere vantaggi su appalti e concessioni. E’ il rapporto e l’interazione fra i due principali imputati quello che sostanzia, per l’accusa, il 416 bis. I carabinieri, come già il dottore Cantone, hanno affermato che di questo nella loro indagine non c’è prova. In un processo è questo che dovrebbe contare.