Giachetti zen
E’ un impulso più forte di lui e dunque prevedibilissimo
Roberto Giachetti, che nei radicali si è formato, sicuramente ricorda la lettera in cui Pasolini raccomanda loro di essere sempre irriconoscibili, imprevedibili. Solo che ognuno ha il suo carattere e Giachetti è noto per la rara capacità di riuscire a trasformare la più tranquilla e perfino zen delle riunioni politiche in una rissa memorabile. E’ un impulso più forte di lui e dunque prevedibilissimo. Giachetti sull’adozione del Mattarellum aveva condotto due anni fa un pesantissimo sciopero della fame nell’ostilità del partito. La repentina conversione in merito del leader della corrente bersaniana lo ha spinto a coloriti insulti. Anche le reazioni, per la verità, sono state riconoscibili nella loro ipocrisia, talvolta sovreccitata, sia da parte degli offesi – “allora ditelo che volete farci fuori dal partito” – sia dei sostenitori, inneggianti al parlare rude e chiaro. In tutto ciò comunque non c’è gran che di interessante, forse c’è ancor meno politica di quanta se ne ritrovi nei discorsi di Roberto Speranza. A meno che Giachetti non intendesse usare l’innocuo leader bersaniano per parlare al più autorevole Andrea Orlando che al ritorno del maggioritario ha opposto, unico nell’assemblea, argomentate obiezioni, come già aveva fatto il suo compagno nella corrente dei “giovani turchi”, Matteo Orfini, nella direzione che ha preceduto l’assemblea nazionale. Perché il problema della riforma elettorale è anche dentro l’area di Renzi e non è detto che il Mattarellum sia il punto di caduta. Forse Giachetti ha capito che rischia un nuovo digiuno.