Il referendum vinto a tavolino e le "comunarie" annullate
La motivazione addotta dal presidente Gentiloni è vecchissima: “Non abbiamo bisogno di referendum divisivi”. “Fidatevi di me” dice Grillo
La settimana politica, per le persone sagge, non può che chiudersi all’insegna del pessimismo. Due gesti rivelatori in una manciata di ore mostrano l’alternativa sgradevole che ci aspetta per le elezioni. Da un lato il governo che innova la già abbastanza bizzarra storia dei referendum in Italia. Da ieri nasce il referendum vinto a tavolino, una novità assoluta. In compenso la motivazione addotta dal presidente Gentiloni è vecchissima: “Non abbiamo bisogno di referendum divisivi”. Lo dicono dal 1974, come se il referendum non servisse proprio a scegliere. Un’argomentazione del genere ha in sé la stessa logica dei titoli di giornale che, commentando il dibattito su una qualsiasi questione, recitano “Il paese è spaccato”. Se si tratta di una cosa seria, che tocca interessi vivi, sarebbe in realtà assai più preoccupante se il paese fosse unanime. In compenso dall’altro lato il dottor Gribbels annulla le “comunarie” a Genova. Il risultato non gli è piaciuto. Fin qui nulla di nuovo. Ormai, che “uno vale uno” sia una balla l’ha capito perfino il meno intelligente dei pentastellati. Anche in questo caso è la giustificazione, più che il fatto in sé, a far pensare male. “Fidatevi di me”, detto da uno che annulla un risultato elettorale non è il più rassicurante dei programmi politici. Dicono tutti che bisogna votare quanto prima, ma se la scelta possibile è questa non si capisce davvero che fretta c’è.