Caso Consip, falsi documenti, idioti ed eversori
Perché la storia del capitano Gianpaolo Scarfato mostra un modo di operare e una disinvoltura noti da tempo
Solo un idiota scrive un falso accludendovi documenti che lo sbugiardano. L’argomentazione, tesa a dimostrare come il capitano Gianpaolo Scarfato abbia commesso un semplice errore di distrazione, si poteva leggere ieri nell’editoriale del Fatto. Non è però convincente, intanto in linea di principio perché idioti ne girano comunque, e non sempre si comportano correttamente, ma proprio considerando il capitano persona intelligente, come qui non si stenta a credere, bisogna prendere atto che di quel falso non si erano accorti finora una procura e due giudici, un gip e uno del riesame, che hanno avallato l’inchiesta, come puntigliosamente lo stesso editoriale ricorda. Se il pm romano Mario Palazzi non avesse verificato l’aderenza fra il rapporto del capitano e l’intercettazione, tutto sarebbe continuato a filare liscio. L’ipotesi che prima o poi qualcuno se ne sarebbe accorto implica semplicemente un calcolo sui tempi, che non è una operazione da idioti. Non è convincente però nemmeno la caccia, subito apertasi, a chissà quale “mandante occulto” di cui, come quasi sempre avviene, non c’è nessun bisogno perché è tutto chiarissimo. È chiaro da anni il modo di operare del pm che ha avviato l’indagine, della eco mediatica neanche mette conto parlarne, mentre è nota da tempo, nel bene e nel male, la disinvoltura mista a determinazione con cui agiscono certi corpi speciali. Basta leggere il resto del rapporto del capitano, al di là dell’errore di persona, per verificarlo. Pensare a un “progetto eversivo” equivale a sopravvalutare la situazione del nostro paese, dove l’eversione ormai si autoproduce.