Il gioco al massacro a sinistra del Pd
In un contesto del genere non si capisce a cosa possa servire uno come Pisapia
All’inizio della settimana, Giuseppe Turani, su Uomini & Businnes, si è applicato a contare le organizzazioni a sinistra del Pd; sono una trentina. Ovviamente non le troveremo tutte, quando si voterà, sulla scheda elettorale, anche perché, come scrive Turani, molte di esse consistono in “uno stock di bandiere rosse, una cinquantina di militanti, un leader grafomane e una moglie che prepara gli spaghetti”. Alcune di queste, però, insieme a quelle un po’ meno irrilevanti, si stanno dando un gran da fare in vista dell’appuntamento elettorale. L’idea di una lista che in qualche modo affiancasse il Pd di Renzi “da sinistra”, guidata da un ex sindaco, inviso all’Anm e al Fatto, che aveva votato Sì il 4 dicembre, non era forse una idea malvagia ma, dopo la manifestazione di Santi Apostoli a Roma, sembra definitivamente essersi persa per strada. Non c’è più nemmeno il rischio di un remake del bertinottismo, che pure era presente. Andrà peggio. Finirà con due liste che gareggeranno in ostilità nei confronti del Pd e del suo segretario. In un contesto del genere non si capisce a cosa possa servire uno come Pisapia. L’egemonia della nuova formazione appartiene ormai chiaramente a Massimo D’Alema. Perché allora due liste? Perché i partitini così ben descritti da Turani si stanno comunque facendo sentire. È partita la gara a chi la spara più grossa e il primo colpo l’ha sparato Tomaso Montanari che, sentendosi trascurato, ha subito criticato Bersani accusandolo di ridurre tutto all’antirenzismo. “Renzi è un eversore – ha sobriamente premesso il professore – ma anche voi siete un problema”. Il gioco al massacro continuerà.