In morte di Giovanni Ajello
Cosa c'è di inesatto nelle ricostruzioni fatte dalla stampa dopo la morte di “faccia di mostro”
In morte di Giovanni Ajello, detto “faccia di mostro” da pm, giornalisti e pentiti, si è scritto praticamente tutto e sostanzialmente nulla di nuovo. Non tutto esatto però. Per esempio qualche titolo di quotidiano ha continuato a definirlo “uomo dei servizi” anche se negli articoli veniva definito correttamente un pensionato della polizia di stato. Alcuni pentiti hanno assicurato la sua appartenenza ai servizi, naturalmente “deviati”. Ora che è morto nulla più ostacola la ricostruzione dei suoi trascorsi. Fu utilizzato dal Sisde? In quale periodo, eventualmente? Non siamo in Egitto, dopo tutto, e una risposta chiara non dovrebbe essere impossibile. Altrimenti non di fatti si dovrà parlare ma di suggestioni. Come suggestivo è riproporre da parte di Repubblica il riconoscimento di Giovanni Ajello da parte di Vincenzo Agostino, padre di un agente di polizia ucciso. Agostino riconosce Ajello come il poliziotto che, qualche giorno prima dell’omicidio, era andato da lui a informarsi sui movimenti di suo figlio. Confronto drammatico e spettacolare, perché fatto nell’aula bunker di Poggioreale, di fronte a pubblico e telecamere. “E’ lui! E’ faccia di mostro! Lo riconosco!”, grida Agostino e subito dopo ha un malore. L’impatto è innegabilmente forte. Se però si ha la pazienza di continuare a seguire il filmato si vedrà Ajello lasciare l’aula insieme al suo avvocato. Nessuno lo ferma, nessuno lo arresta come parrebbe logico a chi non sapesse che dopo quel confronto, pur riconoscendo la buonafede di Vincenzo Agostino, i pm palermitani hanno chiesto l’archiviazione per gli indagati dell’omicidio di suo figlio.