La camorra e il funzionamento, relativo, del 41 bis
Le notizie di omicidi che arrivano da Napoli e dalla Campania fanno emergere due problemi
Notizie da Napoli e Campania solo attraverso il Mattino e il Corriere del Mezzogiorno, perché in questi giorni i giornali hanno molto da scrivere, spesso con titoli degni del Ku Klux Klan, su zanzare, vaccini e stupri. Duplice omicidio due giorni fa in un vicolo della Napoli antica fra Forcella, Duchesca e porta Capuana. Uno dei due uccisi era il genero di Ciro Giuliano, detto o’ barone, ucciso a sua volta nel 2007. La polizia sospetta del clan che fa capo a Edoardo Contini, detto o’ romano, in galera da almeno un paio di decenni ma ancora potente e rivale del clan che fa capo a Ciro Mazzarella, detto o’ scellone, scarcerato lo scorso Natale. Movente del delitto il controllo del borgo S. Antonio abate, zona di confine fra le aree controllate dai due gruppi. Lo stesso giorno, a Torre Annunziata i carabinieri hanno arrestato 12 membri del clan Gionta, detto dei “Valentini”, dal nome del loro capo e fondatore, Valentino Gionta, detenuto dal 1985. Da allora nel clan il comando operativo è gestito da reggenti, l’ultimo dei quali, Vincenzo Amoruso, detto ’o ’nzerrino, è stato arrestato nel blitz dell’altro ieri. Da questa sorta di mattinale di questura emergono due problemi. A Napoli e dintorni la camorra resta integra, con gli stessi cognomi da più di mezzo secolo. Forse perché, al contrario di Palermo, una operazione spartiacque come il maxi processo non c’è mai stata, se non per il clan Cutolo, peraltro con i noti danni collaterali. Seconda questione: il regime carcerario di 41 bis, assai discutibile, in certi casi funziona in modo molto relativo.