Nove anni e quattro processi per scoprire che Del Turco non è un corrotto
La Corte di appello di Perugia ha assolto l'ex governatore abruzzese dal reato di “associazione a delinquere” con la formula dell’insussistenza del fatto
Ci sono voluti nove anni perché quattro processi arrivassero a sgretolare “la montagna di prove schiaccianti” evocata enfaticamente dal procuratore capo di Pescara Nicola Trifuoggi nel 2008, quando venne annunciato con una conferenza stampa l’arresto di Ottaviano Del Turco, all’epoca presidente della giunta regionale abruzzese. Ieri la Corte di appello di Perugia lo ha assolto dal reato di “associazione a delinquere” con la formula dell’insussistenza del fatto. I giudici umbri dovevano rideterminare la pena comminata in appello all’esponente socialista poi passato al Pd. Ormai è rimasta solo una pena ulteriormente ridotta per un reato di induzione.
In sostanza l’amministrazione Del Turco non era quella associazione di criminali descritta dai pm che con la loro inchiesta ne determinarono lo scioglimento e Del Turco non è un corrotto. La sequenza dei processi ha avuto un andamento lineare almeno da un punto di vista. Più la sede si allontanava da Pescara, più la sentenza appariva critica con l’impianto accusatorio. Decisiva la cassazione e ancor più quest’ultima sentenza di Perugia. L’impasto fra magistratura e politica non può non essere considerato un motivo plausibile dell’andamento processuale. Per lo meno non aiuta a fugare un dubbio del genere il fatto che l’evocatore della montagna di prove, che alla fine si è sbriciolata, abbia nel frattempo, una volta andato in pensione, rivestito il ruolo di vicesindaco e poi di candidato, sia pure con scarsa fortuna, alla massima carica comunale.