Quanto conta la difesa nel processo sulla Trattativa? Poco
Oggi la procura formulerà le richieste di condanna per gli imputati superstiti. Per gli avvocati restano due settimane di tempo per le loro arringhe
Oggi, dopo duecentodieci udienze in quasi cinque anni, al processo di Palermo sulla cosiddetta trattativa l’accusa formulerà le sue richieste di condanna per i dieci imputati superstiti, dopo una requisitoria durata dieci udienze. Il titolo di una agenzia Ansa che ieri dava questa notizia, risultava singolare e indicativo: “Stato-mafia: processo si conclude, domani richieste condanne.” Il fatto che i difensori debbano ancora pronunciare le loro arringhe viene evidentemente considerato irrilevante. Del resto in conclusione dell’udienza di ieri uno scontro verbale fra il difensore del generale Mori, avvocato Basilio Milio e il presidente della corte d’assise Alfredo Montalto ha dato sostanza a quell’infelice titolo di agenzia. Il presidente ha assegnato alla difesa dei dieci imputati due settimane di tempo e a nulla sono valse le proteste dell’avvocato Milio che ha fatto notare come la pubblica accusa abbia avuto a disposizione oltre un mese. Va anche detto che le dieci udienze utilizzate dalla procura palermitana sono state in gran parte sfruttate per ripercorrere gli argomenti d’accusa già esaminati nei numerosi processi paralleli e propedeutici a questo, che si può definire riassuntivo – tutti, nessuno escluso, si sono conclusi con l’assoluzione degli imputati. Forse è per questo che il presidente della corte ha ritenuto meno impegnativo il ruolo della difesa.