La Trattativa Stato-Mafia e “una sentenza che non convince per niente”. Parla Macaluso
I giudici hanno "condannato tre ufficiali dei Carabinieri ma nessuno che avesse un ruolo istituzionale nel 1993"
"Le sentenze si rispettano, mancherebbe altro, ma si possono criticare” mi dice Emanuele Macaluso, che aggiunge subito: “Questo criterio generale vale per tutti, con una sola eccezione: i magistrati devono evitare giudizi pubblici su sentenze di colleghi, specie se relative a vicende di cui anche loro si occupano. Eppure il procuratore aggiunto Vittorio Teresi, quando una sentenza assolse il generale Mori, accusato dalla Procura di Palermo di avere volontariamente evitato di catturare Bernardo Provenzano, non solo la criticò ma le mise anche il voto. Merita un quattro, stabilì”.
Per la verità quella sentenza, che Marco Travaglio definì una bomba devastante per le tesi della Procura sulla trattativa, fu confermata in appello e resa definitiva dalla Cassazione. “Appunto. Dunque posso ben dire che la sentenza di primo grado pronunciata venerdì scorso non mi convince per niente. Leggo titoli dei giornali che parlano di una sentenza che conferma come effettivamente avvenuta una trattativa scellerata fra stato e mafia. In realtà il dispositivo condanna tre ufficiali dei Carabinieri ma nessuno che avesse un ruolo istituzionale nel 1993. Presidente della Repubblica era Oscar Luigi Scalfaro, presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi, ministro della Giustizia il professore Giovanni Conso, insigne giurista e uomo probo, che pure fu indagato. Assolti altri due ministri imputati, Nicola Mancino e Calogero Mannino, non resta che chiedersi se davvero la Corte d’assise pensa che i mandanti del Ros siano stati Scalfaro e Ciampi. Davvero nelle motivazioni scriveranno questo?”. Non resta che aspettare tre mesi. “Certo, leggeremo le motivazioni con la dovuta attenzione e le metteremo a confronto con le altre sentenze sulla stessa vicenda che nel frattempo sono divenute definitive. Intanto nel dispositivo lo stato non c’è, mentre campeggia nei titoli dei giornali. Penso sarebbe necessaria almeno po’ di prudenza”.