Il processo sulla trattativa non finirà mai
Per avvalorare le patacche di Ciancimino diventa necessario capovolgere il ruolo dei personaggi che segnarono quell’epoca
Il processo sulla trattativa non finirà mai. Ieri per esempio nell’udienza del processo d’appello a Calogero Mannino, che ha preso una strada separata da quella degli altri imputati, è stato sentito Luciano Violante, all’epoca dei fatti presidente della commissione antimafia e regista di una memorabile audizione di Tommaso Buscetta che portò all’incriminazione di Giulio Andreotti. “Non ho mai avuto sentore di una trattativa politica con la mafia” ha detto nella sua deposizione, aggiungendo di ritenere possibile che il ROS abbia dialogato con Vito Ciancimino per ottenere informazioni, secondo una prassi ritenuta da Violante normale nell’attività investigativa. Del resto, ha concluso l’ex presidente dell’antimafia, i capi mafia furono arrestati e loro beni confiscati. Se avessero condotto una trattativa, sarebbe stata in perdita. L’argomentazione, messa a verbale, può ben apparire insormontabile, oltre che relativa anche alla posizione non solo di Mannino ma anche dei suoi altrove coimputati, non tanto e non solo per il suo disarmante buon senso ma soprattutto per la personalità di chi l’ha proposta. Violante all’epoca fu paragonato da Francesco Cossiga, con un filo di iperbole, ad Andrej Vishinsky, l’accusatore nei processi staliniani. Difficile presentarlo oggi come personalità politica proclive all’appeasement con Cosa nostra. A riprova che per avvalorare le patacche di Massimo Ciancimino diventa necessario capovolgere il ruolo dei personaggi che segnarono quell’epoca politica.