La Trattativa secondo Di Pietro
Un lapsus dell'ex magistrato e il dossier “mafia-appalti” archiviato subito dopo la morte di Borsellino
Dopo Violante, Antonio Di Pietro dice la sua sul processo trattativa, con pieno diritto visto che, con i suoi interventi in Commissione antimafia, a suo tempo ne fu uno degli artefici. Naturalmente Di Pietro proclama in prima battuta la sua solidale consonanza coi pm palermitani, poi parla di un suo colloquio con Paolo Borsellino poco prima della strage di via D’Amelio in cui Borsellino ipotizza un raccordo fra le indagini palermitane e quelle milanesi. Emerge una verità possibile, diversa dalla tesi accusatoria. Borsellino, poco prima di essere ucciso, non si occupava della famosa trattativa ma del più corposo dossier “mafia-appalti” preparato dal Ros di Mori. Singolare un apparente lapsus di Di Pietro, quando, a proposito delle stragi e di quelle indagini sugli appalti ha detto: “Hanno fermato le indagini e armato pistole”.
Che c’entrano le pistole con Borsellino? Ben altro fu usato in via D’Amelio, ma l’ex pm sa bene di che parla. Parla di Raul Gardini, che un anno dopo via D’Amelio fu ucciso da un colpo di pistola che molti dubitano sia partito dalla sua mano. Parla dell’indagine mafia-appalti che svelò intrecci fra la Ferruzzi e la “calcestruzzi Palermo spa”. “Hanno fermato le indagini” dice l’ex pm e aggiunge che “chi lo ha fatto va individuato”. E’ facile, non ci vuole Sherlock Holmes. Due giorni dopo la morte di Borsellino, la procura di Palermo chiese di archiviare l’indagine. Nasce da lì la polemica fra procura e Ros, sfociata nei processi a Mori e poi in quello sulla trattativa, nel quale la difesa di Mori aveva chiesto che Di Pietro venisse citato come teste. La corte ha rifiutato di sentirlo.