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Capire il governo Conte andando al museo delle cere

Massimo Bordin

Rivoluzione francese e governo del cambiamento. Un monito da Madame Tussaud's

Dalle dichiarazioni e dai discorsi di questa fase politica italiana si possono trarre anche considerazioni generali sulla Storia, con la maiuscola, che naturalmente è anche storia di parole. Ci si può arrivare attraverso percorsi tortuosi, per esempio passando dal museo delle cere di Madame Tussaud’s. La visita deve però seguire il filo di alcune espressioni utilizzate dai protagonisti delle trattative per il governo, a cominciare da un premier incaricato che si autoproclama “avvocato del popolo” come Danton o Robespierre, che si sa come sono finiti, per tornare a Luigi Di Maio che si era definito, in veste di premier autoincaricato, “amico del popolo” come Marat, che pure non finì benissimo, ma aveva parlato anche di “nemici del popolo” mentre il suo alter-ego Di Battista, per differenziarsi aveva usato l’espressione “nemici della patria”.

     

La sintesi, se fossero vissuti tre secoli fa, l’avrebbero facilmente trovata in “complici di Pitt e Coburgo”, oggi facilmente attualizzabile. Per arrivare infine al fascistissimo genitore di Di Battista, che si rivolge al presidente della Repubblica con una prosa da estorsore di corso dei Mille ma cita pure la presa della Bastiglia. Cosa c’entra il museo delle cere londinese? Anni fa, alla fine della visita, nelle ultime sale, erano presentati due grandi orrori: il “great fire” che bruciò Londra nel secolo diciassettesimo e la rivoluzione francese. Esagerazioni degli inglesi, si poteva pensare uscendo. L’attualità aiuta a riconoscere alla comparazione almeno la dignità del monito. Per di più non è alle viste qualche Napoleone mentre si affollano molti aspiranti Fouché.

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