Il grande equivoco del "cambiamento"
Alle origini della lunga cavalcata verso il successo di Lega e M5s
L’equivoco sta nella parola “cambiamento” ma in questo caso la parola “equivoco” è da considerarsi come aggettivo e non come sostantivo. L’uso equivoco della parola cambiamento, consentito con complice allegria dall’elettorato. In fondo la Lega nasce a causa della fine, dovuta all’anagrafe o alla politica, dei protettori democristiani delle imprese manifatturiere e agricole del lombardo-veneto presso la Comunità economica europea. La morte di “Albertino” Marcora, e la sua mancata sostituzione, causò il successo della Lega molto più di qualsiasi discorso di Umberto Bossi o del professore Miglio. Il popolo delle quote latte, e di tanto altro, trovò nuovi rappresentanti. Rinnovamento? Ma quando mai. Col nuovo millennio il “rinnovamento” dal dialetto passò alla lingua e il ceto medio, riflessivo sul suo impoverimento, decise di farsi rappresentare da un sonoro vaffanculo. Il giustizialismo fornì la risposta alla protesta per la contrazione, solo vagheggiata, della spesa pubblica. Finiti i soldi per le feste e la farina non restava che la forca. Ma non è bastato. Oggi le due ondate si incontrano contrattualmente e provano a farsi stato, cercando di ritornare all’età dell’oro del posto fisso e delle baby pensioni. Il guaio è che non è possibile. Il brutto arriverà quando saranno costretti ad accorgersene. Per una via d’uscita ragionevole non resta che sperare in alcuni ministri come Moavero, Tria e, senza piani segreti da ora x, Savona. L’unico cambiamento può venire da loro. Dall’opposizione sarebbe meglio ma pare difficile.