Perché Bruno Contrada è finito sotto la lente dei magistrati (di nuovo)
L’ex funzionario del Sisde non risulta indagato, ma la sua abitazione è stata oggetto di una perquisizione la settimana scorsa
Conviene tornare sulla vicenda di Bruno Contrada perché la conferenza stampa di due giorni fa in cui l’ex funzionario del Sisde e il suo avvocato, Stefano Giordano, hanno proposto la loro interpretazione sulla perquisizione subita da Contrada una settimana fa, evidenzia un aspetto della vicenda che merita un approfondimento e attende una spiegazione. La questione sta nel fatto che Contrada non risulta indagato. L’avvocato Giordano ha naturalmente tenuto a sottolinearlo ma qui lo si scrive anche sulla base di altre fonti. Anche le intercettazioni che hanno preceduto la perquisizione, sono dunque, a rigor di logica, prive di un atto giudiziario che le giustifichi al di là della citazione, nel decreto di perquisizione, dell’indagine sull’omicidio dell’agente Nino Agostino e di sua moglie. Indagine avocata dalla procura generale palermitana e infatti il decreto è firmato dal capo dell’ufficio, Roberto Scarpinato, e dai sostituti Gozo e Di Giglio. Magistrati esperti che ritengono dunque utile monitorare di nuovo Bruno Contrada. Cosa può averli mossi? L’unico elemento di novità sull’ex dirigente del Sisde sta nella recenti motivazioni della sentenza della Corte d’assise di Caltanissetta sulla strage di Via D’Amelio, in cui si definisce irrituale la richiesta di collaborazione alle indagini sulla strage avanzata dall’allora capo della procura nissena Giovanni Tinebra all’allora dirigente del Sisde. La sentenza è stata depositata pochi giorni dopo la perquisizione che paradossalmente potrebbe però essere in qualche modo a essa collegabile dal punto di vista degli orizzonti investigativi.