La teoria del "grande depistaggio" sulla strage di Via d'Amelio è falsa
Il pentito Scarantino era un bugiardo, i pm di Palermo archiviarono le sue accuse
Si torna a parlare del “grande depistaggio” sulla strage di via D’Amelio e del pentito Scarantino. Su due bacheche di Facebook, quelle dell’avvocata Rosalba Di Gregorio e del giornalista Massimo Martini, si sono confrontati l’avvocata Di Gregorio, che fu la prima a denunciare in aula nel processo di primo grado le anomalie dell’inchiesta e le bugie di Scarantino, e il sostituto procuratore generale di Palermo Domenico Gozzo, che all’epoca era pm in procura. Nel dibattito si tocca un tema delicato. La procura di Palermo avrebbe potuto fare di più, all’epoca delle dichiarazioni del pentito poi rivelatosi falso? Nella faccenda c’è un aspetto procedurale che ha la sua importanza: sull’uccisione di Borsellino i pm di Palermo non avevano competenza, che toccava ai loro colleghi di Caltanissetta. Scarantino però non si limitò a parlare della strage ma si autoaccusò di omicidi, sostenne che Berlusconi si riforniva di droga dalla mafia e, per buona misura, lanciò nuove accuse contro Bruno Contrada. Tutto ciò per aumentare la sua caratura di pentito. Sta di fatto che quei verbali, come ora Gozzo conferma su Facebook, furono inviati per competenza a Palermo e la procura indagò e archiviò, una volta verificato che si trattava di evidenti balle. Scarantino però non venne denunciato per calunnia, come per altri falsi pentiti era successo. Il dottore Gozzo sostiene che non c’erano elementi sufficienti per reggere l’accusa. Se ne può discutere. Il fatto certo è che quando il “pentito” si esibì in aula a Caltanissetta, a Palermo già sapevano che si trattava di un bugiardo. Altro che raffinatissimo depistaggio.