Editori puri, mi raccomando, ma niente critiche al governo
I casi di Francia, Regno Unito e Stati Uniti dimostrano che l'anomalia italiana, come la definiscono i gialloverdi, non esiste
Sulla questione della mancanza di editori puri come tipica anomalia italiana, può essere utile leggere il fact-checking pubblicato dall’Agenzia Italia. Il criterio adottato nella verifica fattuale è abbastanza semplice. Si considera puro l’editore che ha il suo unico o largamente maggioritario interesse economico nell’editoria e preponderanza su eventuali soci impuri. Con questo criterio si può verificare che l’anomalia italiana non esiste. Se, è scritto nel report dell’Agi, i cinque quotidiani italiani “hanno tre editori palesemente impuri, due hanno editori puri o quasi”. Non è un gran che ma non è la situazione peggiore. In Francia ad esempio “i tre maggiori quotidiani sono tutti posseduti da editori impuri” e casi di editori di questo tipo sono presenti "anche nel mondo anglosassone, Regno Unito e Usa". Jeff Bezos è proprietario del mitico Washington Post e per questo è attaccato da Donald Trump che pure con i conflitti d’interesse ha qualche frequentazione. Un’anomalia italiana si può trovare invece se si passa dall’analisi delle proprietà alla storia. Gli editori impuri sono nati col fascismo. Fu Mussolini a espropriare, con ricchi indennizzi per la verità, gli editori puri, i Frassati e gli Albertini, per sostituirli con gli Agnelli e i Crespi. Gli editori liberali non erano disponibili a cantare le lodi del fascismo, gli imprenditori si adeguarono ben volentieri. Oggi c’è al governo chi dice di voler recuperare la purezza editoriale, ma vi aggiunge l’obbligo per la stampa di non criticare il governo. Questo fa pensare a intenzioni simili a quelle di chi ha suo tempo fece il percorso inverso. Simili, sia chiaro. Simili.