Il vero mistero su Minniti è perché si sia candidato
Il suo ritiro dalla corsa alla segreteria del Pd era cosa annunciata da tempo
La rinuncia a candidarsi da parte di Marco Minniti non è un buon viatico non solo per il Congresso del Pd ma anche per il suo risultato alle prossime elezioni europee. Non si può escludere come punto di caduta nemmeno il big-bang evocato in un titolo di questo giornale. Nel frattempo i retroscenisti impazzano sulle possibili vere motivazioni del ritiro. Strano riflesso. L’aspetto singolare di tutta la faccenda non è il fatto che la candidatura non sia andata in porto ma che sia stata presentata. Marco Minniti è sicuramente persona di spessore largamente superiore a molti degli altri candidati, forse a tutti, ma le sue capacità, universalmente riconosciute anche se i loro esiti sono controversi, riguardano un campo specifico, molto specifico. Per un politico italiano un servizio di più pagine di un settimanale francese è un importante riconoscimento ma se il titolo che lo presenta è “Le maître espion”, il capo delle spie, si capisce subito che potrà essere molte cose, un'autorevole autorità della sicurezza, un ministro, un presidente del Consiglio perfino, ma non il segretario del partito. Funziona così. Dunque il mistero se c’è sta nell’inizio, nella candidatura. La fine era inevitabile.