Salvini a Sorbolo per consegnare alcuni appartamenti sequestrati all'Ndrangheta, vestito con la divisa della Polizia (foto LaPresse)

Sulla fine della mafia, forse Salvini non ha tutti i torti

Massimo Bordin

Previsioni ed esagerazioni. Da quella dell'Alto commissario De Francesco negli anni Ottanta a quella del ministro factotum

Emanuele De Francesco, poliziotto di lungo corso, all’apice della carriera quando era giunto al vertice del Sisde, venne chiamato a succedere a Carlo Alberto Dalla Chiesa nel ruolo di Alto commissario per la lotta alla mafia. La situazione era drammatica, il generale piemontese, spostato a prefetto di Palermo con la promessa di poteri straordinari che non ebbe mai, dopo cento giorni fu ucciso. De Francesco arrivò a Palermo munito dei poteri negati al suo predecessore e le aspettative erano elevate. Il nuovo organismo da lui diretto però non riuscì a trovare un ruolo centrale, messo in ombra dal pool antimafia di Falcone e Borsellino impegnato nella istruzione del maxi processo. Dopo tre anni, nel 1985, De Francesco passò la mano, conscio che il suo periodo da Alto commissario non sarebbe stato considerato memorabile. Una polemica però lo amareggiò. In un’intervista si era lasciato andare a una previsione: “Sconfiggeremo la mafia nel 2000”. In fondo si trattava di un orizzonte di tre lustri per un fenomeno criminale che prosperava da un paio di secoli almeno, ma si scatenò l’inferno. La stampa lo trattò come un accidioso burocrate, gli antimafiosi militanti parlarono di resa al crimine se non peggio. Eppure giunti all’inizio del nuovo millennio non c’era chi vedesse prossima la sconfitta di Cosa nostra. Nessuno però scrisse che forse con De Francesco si era obiettivamente esagerato. Oggi il ministro factotum Salvini si sbilancia in previsioni opposte. Vede prossima la vittoria, parla di “qualche mese, al massimo qualche anno”. L’affidabilità del personaggio è quella che è, però attenti. Esagera, non ne avrebbe comunque merito ma non ha tutti i torti.

 

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