Il governo del cambiamento rimpiange la Prima Repubblica
Il caso Carige e la nostalgia grillina di un capitalismo familista
Gli sfondoni messi nero su bianco da Luigi Di Maio non devono distrarre non tanto dal senso generale della frase, che in genere sfugge comunque, quanto dalle parole usate, spesso involontariamente evocative di una visione politica. È il caso della riflessione in 10 punti vergata dal vicepremier a proposito delle misure sulla Carige. Al punto 3) scrive: “Se si dovessero mettere soldi pubblici, banca Carige deve diventare proprietà dello stato. Ovvero deve essere nazionalizzata”. La consecutio vacilla, gli economisti scrivono che anche l’aspetto tecnico dell’assunto è zoppicante ma bisogna concentrarsi sull’ultima parola, perché la chiave di tutto sta lì.
Le Bin, banche di interesse nazionale, rimandano al nostro passato, addirittura al fascismo, e furono uno dei pilastri di un sistema che intrecciato al “salotto buono” di un capitalismo familista, all’Iri e a un sistema dei partiti estremamente invasivo, segnò tutta la fase della Prima Repubblica, la cui fine fu anche e soprattutto la fine di quel sistema. Oggi il governo del cambiamento evidenzia due paradossi. Il primo era già evidente e si conferma nelle parole di Di Maio: il M5s in tema di economia rimpiange quell’epoca, quando le famiglie grazie agli alti tassi della rendita dei Bot “misero da parte un bel gruzzoletto”, come scrisse incautamente sui social la deputata grillina Azzurra Cancelleri. Non c’è solo questo però. La fine di quel sistema lasciò orfani anche alcuni manovratori che oggi riaffiorano, come spesso avviene nei periodi tormentati, vogliosi di rivincita. L’ha capito perfino Di Maio.