Più che un “caso Consip” esiste un “caso indagine Consip”
Il lavoro della procura ha portato ad alcune richieste di archiviazione, in particolare per il padre di Matteo Renzi, e a una serie di rinvii a giudizio. Che però non riguardano la corruzione
Su una cosa, a proposito della vicenda dell’inchiesta Consip, al Fatto Quotidiano hanno ragione. Questa storia delle querele incrociate causate dal recente libro di Matteo Renzi ha la consistenza della panna montata. Solo per avere un quadro preciso di chi annuncia di querelare chi, viene il mal di testa. Se tutti poi dovessero sul serio tenere fede ai loro bellicosi propositi giudiziari ne uscirebbe un guazzabuglio inestricabile che avrebbe l’unico effetto di non chiarire nulla. Sin qui si può convenire. C’è però un dato incontrovertibile che riguarda l’indagine della procura romana che comprensibilmente al Fatto non apprezzano. Il lavoro della procura ha portato ad alcune richieste di archiviazione, in particolare per il padre di Matteo Renzi, e a una serie di rinvii a giudizio che però mostrano come più che un “caso Consip” esista, secondo i pm, un “caso indagine Consip”. I rinvii a giudizio riguardano non la corruzione ma una fuga di notizie sull’inchiesta oppure reati gravi come il falso e il depistaggio imputati al maggiore Scafarto. Resta accusato Carlo Russo, incontestabilmente amico di Tiziano, ma l’imputazione di millantato credito mostra che i pm pensano al massimo che Tiziano Renzi da certi amici avrebbe fatto meglio a guardarsi. Resta infine una mail di Scafarto in cui l’allora capitano invita un ex collega del Noe passato ai servizi segreti a informare “il capo” dello stato delle indagini su Consip. Il Fatto ha trattato il capitano Ultimo, non può che essere lui “il capo”, come un pasticcione o un poco di buono per la vicenda del covo di Riina ma in questo caso lo difende. Qui non si vuol fare lo stesso percorso al contrario ma un chiarimento pare necessario.