Il rischio testa-coda del turbo-sospetto
L'enorme attenzione che Repubblica e La Verità hanno prestato all'arresto dei genitori di Renzi
Molti ricorderanno le polemiche scatenate dalle parole del gesuita padre Ennio Pintacuda quando definì il sospetto “l’anticamera della verità”. Giovanni Falcone che sull’antimafia aveva idee diverse da Leoluca Orlando e i gesuiti che lo sostenevano, gli rispose come per lui, da magistrato, fosse invece l’anticamera del khomeinismo. Polemiche antiche, superate. Da ieri poi, dopo l’articolo di fondo di Claudio Tito su La Repubblica, sospetto si declina al plurale e lo si fa muovere velocissimo. ”Chi ha ricoperto incarichi istituzionali di altissimo livello non può farsi trascinare in un turbinio di sospetti come questo”. Un sospetto che túrbina moltiplicandosi. Il turbo-sospetto, questo l’aspetto ancora più interessante, è riferito a Matteo Renzi, definito nell’articolo di Tito equiparabile a Salvini, Di Maio e Berlusconi, nomi, almeno due su tre, che per il lettore di Repubblica equivalgono a quelli di Gengis Khan o di Jack lo squartatore. Qui non ci si addentra nel merito ma si nota la singolarità, nel giorno in cui il Truce Salvini viene salvato dal M5s, e tutti i giornali se ne occupano con grande rilievo, di due sole testate che dedicano più spazio in prima pagina agli arresti domiciliari per i genitori di Renzi: sono la Verità e la Repubblica. Di suo il quotidiano di largo Fochetti aggiunge una appassionata difesa dei magistrati. “Per il loro lavoro occorre rispetto” è il monito di Tito che aggiunge come occorra “aspettare le sentenze e non commentarle”. Su questo divieto di commento è slittata la frizione con un inevitabile testa-coda del turbo. Una evidente esagerazione, forse per celebrare l’anniversario di “Mani pulite” che ricorreva giusto l’altro ieri.