Matteo Salvini e alcun deputati della Lega manifestano a favore della legittima difesa davanti alla Camera nel 2017 (Foto LaPresse)

Cari “garantisti”, sulla legittima difesa bisogna dare ragione all'Anm

Massimo Bordin

L’equidistanza è un errore, non possiamo dire "né con Salvini né con l'Anm". Stavolta i magistrati hanno ragione a protestare

In un dibattito su una legge che il Parlamento deve ancora votare si può ragionevolmente credere che sia possibile evitare di considerare il merito della questione ? Un sindacato di categoria può vedersi interdetta la possibilità di pronunciarsi a proposito di un dibattito legislativo che riguarda l’operato della categoria stessa? Le due domande sono intrecciate nella questione sorta con la proposta governativa di modifica del codice penale a proposito di legittima difesa e rinfocolata da una discutibilissima visita in carcere del ministro dell’Interno e da una serie di sue dichiarazioni che, in linea col personaggio da lui attualmente interpretato, non possono che essere definite truci.

 

“Garantisti” a tutto tondo, come il direttore del Dubbio Piero Sansonetti scelgono l’equidistanza, spiegando come il governo voglia fare una legge pericolosa e Salvini ne argomenti la necessità nel modo peggiore ma il sindacato dei magistrati faccia male a pronunciarsi perché così condiziona il Parlamento. “Hanno torto tutti e due” scrive Il Dubbio, echeggiando lo slogan “né con lo Stato né con le BR” coniato a suo tempo da chi non aveva buona opinione di entrambi. All’epoca Leonardo Sciascia, “garantista” tormentato, dovette difendersi dall’accusa di aderire a quella scuola di pensiero, e replicò che, pur essendo fortemente critico su come lo Stato venisse condotto, la differenza nel merito fra le due entità accomunate gli era ben presente e l’equiparazione gli appariva impossibile. Bisognerebbe non temere di macchiare la propria patente di “garantista” e sostenere che, sulla legittima difesa, l’Anm ha ragione a protestare contro una proposta eversiva.

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