Ilaria Alpi, 25 anni dopo
A un quarto di secolo dal delitto della giornalista e dell’operatore Miran Hrovatin servirebbe un approfondimento, giornalisticamente sempre possibile, su tutta la missione militare italiana in Somalia
Oggi alla sala stampa della Camera dei deputati il sindacato dei giornalisti e il parlamentare del Pd Walter Verini hanno promosso una conferenza stampa nel venticinquesimo anniversario dell’uccisione dell’inviata del Tg3 Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin, avvenute a Mogadiscio. La vicenda, dopo un quarto di secolo, resta ancora aperta da un punto di vista giudiziario anche se la procura di Roma ha avanzato una richiesta di archiviazione sulle ultimi indagini ancora aperte per arrivare a trovare i colpevoli dopo che un processo, dopo molte traversie, non c’era riuscito. La parte civile, sostenuta dagli organismi rappresentativi dei giornalisti, si oppone all’istanza della procura, sollevando una questione di costituzionalità relativa al diritto degli organismi di sicurezza, i “servizi”, di mantenere il segreto sulle proprie fonti. Un informatore dell’allora Sisde collegò il delitto al traffico internazionale dei rifiuti. Lo spunto investigativo fu raccolto, senza particolari esiti, ma non è mai stato possibile sentire nel processo quella fonte rimasta anonima. Il tema giuridico non è nuovo e resta controverso. Il caso di Ilaria Alpi meriterebbe però, oltre beninteso ogni iniziativa ritenuta utile dalle parti civili, un approfondimento giornalisticamente sempre possibile su tutta la missione militare italiana in Somalia alla fine della quale fu uccisa la giornalista, perché forse uno sguardo d’insieme aiuterebbe a capire almeno dal punto di vista storico il contesto di quel delitto.