Quant'è bella Los Angeles Downtown
Una Napoli montata su una Cinecittà di facciate frananti, tra ristoranti tematici e teatri sfasciati
Andando giù a Los Angeles Downtown, in quel bellissimo centro storico cadente in una città notoriamente senza centro storico; una Napoli montata su una Cinecittà di facciate frananti. Con prezzi ancora bassi, negozi di bici materassi telefoni, farmacie messicane, Walgreens, cinema-teatro sfasciati con venditori di “acqua fria” dal frigo portatile. Teatri bombardati, il Roxie è mezza mutanderia e mezzo negozio di oro “love jewels” e negozi di videoregistratori. Poi il Los Angeles Theatre, con quattro colonne tipo Fontana di Trevi ma schiacciato, e l’orologio tipo Dalì a cui mancano le lancette, accanto a un negozio di prime comunioni. E’ tutto un vendesi e affittasi in attesa di boom imminenti. I più scaltri committenti già si sono impossessati di questi gioielli come il marchio di vestiti Urban Outfitter che ha okkupato il Rialto. Mentre la benedizione della gentrificazione arriva come sempre col food, col cibo che tutto nobilita. Tra i relitti di questi teatri e teatrini assiri-babilonesi ecco il grand central market, mercato urbano come l’Albinelli di Modena però qui più etnico; con insegne finto antiche però filologiche con neon che annunciano “chop suey” e “sari sari” e semi “selecto pinto” peruviano, fagioli in tutte le salse e “solo efecfivo” cash only e “Ana Maria especialidad en tacos” e “Antojitos Mexicanos” e ventilatori giganti, quelli da set cinematografico a immettere ossigeno tra i deep fried. Ristoranti tematici come “Egg slut”, succhi di frutta di Press Brothers, würstel berlinesi, ramen e gamberi e pasta e pizza in quello che pare un Eataly meno salutista un po’ più rough (ma il nuovo Eataly sta aprendo, in ritardo, nel quartiere di grattacieli di Century City, in un nuovissimo centro commerciale Westfield, di fronte al Consolato d’Italia). Però ancora: fagioli, canditi, peperoni, peperoncini, tomatillos e jalapeños e patate dolci e salate, taco “Yaki!”, “Cocco!” (elenchi come nella Bohème), cocomeri e kale e prezzemolo col suo amico cilantro, la macelleria organica Belcampo. Il frigo dei gelati Algida che si chiamano Good Humour con tutto il ghiaccio sopra di quando sono dell’anno prima, come nei bar di paese. E poi naturalmente il parcheggio con una scritta che dice “grazie d’aver comprato con noi”, e “vaya con Food”.
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