La retorica di Benigni e il realismo di Cacciari
A proposito di Unità d'Italia.
Credo di essere tra i pochi a non essersi entusiasmato per Benigni al Festival di Sanremo. Purtroppo sono allergico alla retorica (a quella sull'Unità d'Italia in particolare) e agli strafalcioni storici (di cui il discorso di Benigni era infarcito). Poi nulla da dire sullo show: ben fatto, ben recitato, a tratti magnetico e meglio di tanta televisione vista normalmente.
Mi sembra che all'ubriacatura da lezione su Mameli (di colpo diventato un grande della letteratura al pari di Dante) abbia risposto bene Massimo Cacciari ieri sulla Stampa (non linko il pezzo perché sul sito del giornale torinese è praticamente impossibile trovare qualcosa). In poche parole l'ex sindaco di Venezia ha detto che l'amor patrio a sinistra è una novità degli ultimi anni, nato improvvisamente per avere qualcosa da contrapporre alla Lega, movimento molto poco patriottico. Si aggiunga che "la nostra debolezza è non avere un'identità come altri paesi", ha spiegato. "L'amor patrio inteso come valore è appannaggio di una tradizione laico-repubblicana di matrice intellettuale. Sono posizioni minoritarie".
Insomma, la sinistra fa tante parole sull'Unità per necessità, perché le conviene. "Quelli che oggi attaccano la Lega per il poco amor patrio dovrebbero riandare con onestà ai loro vent'anni – ha concluso il filosofo con la barba – dove non troverebbero la minima traccia di questo amore". Peccato che Cacciari sia molto meno simpatico di Benigni, però.
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