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Non siamo più in grado di leggere e scrivere?
Gilbert Keith Chesterton parlando a Firenze nel 1935 si scusò con l'uditorio italiano "perché parlo inglese", anche si rallegrava di riuscire ancora a farlo nonostante tanti anni passati a fare il giornalista. Se è vero che il giornalismo rattrappisce in molti casi la padronanza della lingua e della grammatica (soprattutto in chi scrive i titoli, che ormai parla solo per frasi fatte, dal "monito di Napolitano" a "l'emergenza maltempo" passando per il "video shock"), Internet sembra avere reso superflua padronanza da parte dello scrivente.
Come potete leggere qui, gli utenti leggono appena il 28 (forse addirittura il 20) per cento di una pagina web: vogliono arrivare subito al succo, volare su un'altra pagina con un link, vedere una foto, un grafico, un video. Poche chiacchiere.
Siamo però sicuri che questo voglia dire per forza più superficialità nella lettura? Forse sì, ma vuole anche dire una lettura più varia, quindi con maggiori informazioni immagazzinate da parte di chi legge.
Inoltre, come spiega questo interessantissimo grafico del New York Times, Internet ha fatto nascere in noi un tipo di attenzione diversa: meno approfondita, forse, ma più "utilitaristica": con uno sguardo siamo in grado di afferrare al volo cosa ci interessa in una pagina web, senza doverla leggere tutta.
Infine, ecco una breve e interessante riflessione su come cambia non solo il modo di leggere nell'era di Internet, ma anche quello di scrivere, molto meno riflessivo di un tempo.
Esperimento finito: quanti di voi sono arrivati alla fine dell'articolo senza farsi distrarre dai link o addirittura cliccandoli, leggendoli e poi tornando qui a proseguire nella lettura?
Il Foglio sportivo - in corpore sano