Quante volte, figliolo?

Piero Vietti

Anche trenta o quaranta all'ora.

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    Ancora dal libro di Nicholas Carr, un paragrafo che descrive un'esperienza credo comune a molti di noi.

    La Rete è stata progettata come un sistema di interruzione, una potente macchina di dispersione dell'attenzione. Questo non è soltanto un risultato della sua capacità di ospitare simultaneamente molti media di tipo diverso. Deriva anche dalla facilità con cui essa può essere programmata per spedire e ricevere messagi. Molti software di e-mail, per fare un esempio banale, sono impostati per controllare se ci sia nuova posta ogni cinque o dieci minuti e la gente clicca sistematicamente sul bottone "verifica nuovi messaggi". Studi sugli utenti di computer in ufficio rivelano che essi interrompono di continuo la propria attività per leggere e rispondere alla e-mail. Non è anomalo che arrivino a dare un'occhiata alla propria casella di posta fino a trenta o quaranta volte all'ora. Poiché ogni occhiata rappresenta una piccola interruzione del pensiero, il costo cognitivo può essere elevato.

    Detto questo, siamo sicuri che il conto costi/benefici (dispersione dell'attenzione/maggior numero di informazioni che arrivano) sia in passivo? Meglio fare un lavoro fino alla fine e poi scoprire che via mail è arrivata un'informazione che ci avrebbe fatto lavorare diversamente, o rischiare di farsi distrarre ma "salvando il lavoro"?

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    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.