Che ci frega dell'Unità d'Italia?

Piero Vietti

A giudicare dai tricolori, poco.

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    Domani si festeggiano i 150 anni dell'Unità d'Italia. Il clima, qui da noi e soprattutto nel mondo (dal nord Africa al Giappone), non asseconda certo la festa. Ma bisogna festeggiare, no? C'è una cosa che mi ha colpito, passando da Torino a Roma in questi giorni. Nella prima capitale d'Italia è tutto un tricolore (come vedete nella foto): sui ponti, sui monumenti, alle finestre di tutte le case, nei cartelloni pubblicitari, all'aeroporto, e si attende l'arrivo di Napolitano con trepidazione (sarà che, con Toro e Juve in queste condizioni, ci si aggrappa ad altro).

    A Roma, attuale capitale d'Italia, nulla (o quasi): pochi tricolori, poca aria di festa, soprattutto molta indifferenza tra la gente. Questo per dire a quei cialtroni che nelle discussioni da bar (o addirttura a lezione in Università, come capitato ad alcune persone che conosco molto bene) accusano la Lega di boiocottare i 150 dell'unità ("A Padova non ci sono bandiere alle finestre", "Per forza, sono tutti leghisti", sentito con le mie orecchie), che il problema non è essere simpatizzanti di Bossi o meno, ma che (eccezion fatta per Torino, forse) sembra che dell'Unità d'Italia gliene freghi proprio poco alla gente. O no?

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    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.