Quello che non torna della guerra in Libia
Sfogliando i giornali e i siti di oggi.
Il dubbio sulla missione continua a regnare sovrano sui giornali italiani di oggi, e se possibile rispetto a ieri si sta trasformando in critica più o meno palese: se non sull'intervento in sé, sulle modalità di attacco, sul comando che ancora non si capisce da chi è tenuto e sui tempi scelti per iniziare i bombardamenti.
Se l'Elefantino ieri a "Qui Radio Londra" parlava di "guerra cominciata male e terdi", Piero Ostellino sul Corriere di oggi denuncia la "cultura progressista ondivaga, che un giorno è internazionalista e l'altro nazionalista; un giorno è interventista e l'altro no" e parla di "interessi nazionali e le ipocrisie"; sempre sul Corriere è Franco Venturini a denunciare la discussione fuori tempo massimo tra Italia e Francia sul comando della missione; sulla Stampa Boris Biancheri descrive l'alleanza in guerra come "un'allenaza dove ognuno va per sé"; duro Maurizio Belpietro su Libero che parla di "sconclusionata guerra che l'Onu ha voluto dichiarare alla Libia"; che la stessa maggioranza italiana sia dubbiosa sul tipo di intervento adottato lo si capisce leggendo questo articolo dell'europarlamentare pdl Mario Mauro che spiega "perché le bombe di Sarkozy non risolvono il dopo Gheddafi"; intanto continuano ad affacciarsi dubbi sulla reale natura degli scontri in Libia: "E' una lotta per la democrazia o solo una guerra civile?" si chiede oggi il New York Times."Chi sono i ribelli?", si chiede Massimo Introvigne sul quotidiano on line La Bussola? Il rischio è che non lo sappia nessuno.
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