Il magone di Toro e Juve

Piero Vietti

Molto più di una partita di pallone.

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    Questo bellissimo e malinconico articolo di Aldo Grasso sul Corriere di oggi, mi ha fatto tornare in mente perché tifo Toro. Anche io, mercoledì sera, ho guardato con il magone il derby di beneficenza tra vecchie glorie di Torino e Juventus, e ho pensato anche io che Leo Junior a 58 anni gioca meglio di tutto l'attuale centrocampo granata messo insieme, ho esultato vedendo Policano e Ravanelli darsele di santa ragione (in amichevole), roba che i nostri terzini non farebbero nemmeno nella finale dei playoff, ho goduto a sentire la curva Maratona cantare: "Sapete solo rubare" dopo un fallo non fischiato su Rizzitelli, mi sono stupidamente commosso vedendo Annoni abbracciare i tifosi a fine partita e Mondonico seguire la gara in piedi davanti alla panchina.

    E dato che il Torino non è solo una squadra di calcio, oltre al simbolismo di cui parla Grasso, porta con sé una overdose di ragione e sentimenti che, spiegati a parole, fanno sorridere chi ci ascolta ("questo è matto", pensano), ma che sono qualcosa che non ci leverà mai nessuno.

    La pancia di Lentini e il fiatone di Pulici dopo cinque minuti ci ricordano che il tempo passa (e il magone forse viene anche per questo), che una volta andavamo in Maratona e oggi ci viene l'orticaria solo a pensarci. Per la retorica del "si stava meglio prima" l'altra sera si applaudiva chiunque, persino chi nel Toro ha francamente fatto poco.

    Anche gli juventini mercoledì sera avevano il magone. Ma era una cosa diversa, più una depressione. Non ci sono abituati, loro. Gli passerà, prima o poi. Ma ho capito due cose: che il magone a noi non lo leverà nessuno (ci siamo nati, col magone, noi granata), ma anche che basterebbe davvero poco per riaccendere l'entusiasmo tra la gente granata. Se la Juve oggi non può permettersi uno Zidane o un Nedved, il Toro può invece benissimo trovare un nuovo Annoni, un nuovo Marco Ferrante, un nuovo Policano. E tornare a riempire lo stadio come un tempo. Il problema è che per avere tutto ciò serve anche un nuovo presidente.

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    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.