A proposito di Zagrebelsky, Odifreddi e Benigni

Piero Vietti

Se non c'è sangue non gli piace.

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    Il giurista torinese Gustavo Zagrebelsky ha dato il via ieri alla Biennale democrazia, una sorta di Palasharp più politicamente corretto e spalmato in cinque giorni. Dopo la neutra lezione del governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, ieri sera è toccato a Benigni. Il comico toscano ha recitato e spiegato il sesto canto del Purgatorio di Dante (quello di "serva Italia…" eccetera), naturalmente scelto non per caso, né per la bellezza dei versi, ma ad uso della catarsi che i cinque giorni zagrebelskiani promettono all'anima dei cittadini democratici (portandoci dal "bordello" alla coscienza di dovere "abbattere il tiranno"). Ovviamente oggi i giornali hanno magnificato Benigni, che ha passato mezzo spettacolo a coglionare Berlusconi e il governo (risultando spesso anche molto divertente).

    Al solito Benigni ha fatto il furbo, usando Dante per castigare i costumi della politica attuale e per giustificare le sue gag, come se il Poeta le benedicesse di fatto. Peccato però che – e questa è la cosa più divertente – ai puritani assetati di tirranicidio lo spettacolo non sia piaciuto del tutto: da leggere il post di Piergiorgio Odifreddi sul suo blog (dal nome significativo: "Il non-senso della vita") nel quale si lamenta del fatto che Benigni ha perso troppo tempo a spiegare i versi del canto del Purgatorio invece di "concentrarsi sull'invettiva politica, e di attaccarsi a quella per la satira dell'attualità, a partire dal bordello". Vogliono il sangue, loro.

    Odifreddi è attraversato, naturalmente, dallo stesso senso di nausea per la politica che attraversa anche Zagrebelsky e, riprendendo i concetti espressi dal costituzionalista in questi giorni di grande battaglia per la democrazia, chiude il suo post (dopo avere ricordato a tutti noi che lui non vota perché la politica fa schifo) invitando all'azione: "Resta da vedere se, come diceva Dante nella Tredicesima Lettera, la poesia può veramente incitare all'azione. O se, usciti dal Palaolimpico, le belle parole si dimenticheranno e cederanno il posto ai brutti voti". Quale azione? Qualche sospetto ce l'ho.

    Leggi Così Zagrebelsky indottrina aspiranti tirannicidi

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    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.