La vittoria di Fassino e la lezione di Torino
A Torino ha vinto Piero Fassino, complimenti.
A Torino ha vinto Piero Fassino, complimenti. Speriamo gli vada un po' meglio che in Birmania, dove nemmeno l'hanno fatto entrare quando era inviato per l'Unione europea. Ha vinto il profilo basso di un candidato serio e indubbiamente credibile, ma di cui era difficile trovare idee che non fossero "Fassino=Chiamparino" (tutto da dimostrare), che a parte qualche minaccia iniziale ("faremo di tutto il centro una garnde isola pedonale") ha capito che se stava zitto avrebbe contenuto i danni. Fassino ha preso molti meno voti di Chiamparino senza fare campagna elettorale, non mettendo mai la sua faccia sui manifesti elettorali a meno che accanto non ci fosse anche quella del sindaco uscente. E chissenefrega se solo un paio d'anni fa Fassino ha messo per scritto che dopo i sessanta avrebbe lasciato la politica. Ora ne ha sessantadue e si appresta a continuare almeno fino a sessantasette.
A Torino ha perso Michele Coppola, troppo debole e sconosciuto per impensierire davvero lo sfidante, noto e stimato dai torinesi. Nemmeno Coppola aveva un programma particolarmente profondo. Scelto dopo lotte belluine all'interno del Pdl piemontese, Coppola non è stato appoggiato al meglio dalla dirigenza, per quella stupida idea che "tanto Torino è persa in partenza". Non è stata una vittima sacrificale, ma ci siamo andati vicini. Si è battuto, ma ha preso meno voti di Rocco Buttiglione nel 2006 (ma all'epoca c'erano ancora Udc e An). Vero, le liste civetta gli hanno tolto qualche preferenza, ma poco roba rispetto al distacco che Fassino gli ha dato. Ora il centrodestra torinese ha cinque anni per provare a ricostruire la faccia e un'alternativa credibile per una città che è sì di sinistra, ma non è stupida. Guardando i risultati dei consiglieri comunali, ad esempio, si scopre che tre dei cinque consiglieri più votati sono del Pdl, due dei quali molto giovani (Marrone e Magliano): vuol dire che il loro lavoro in campagna elettorale ha spostato consensi e fatto decidere alla gente di scrivere proprio il loro nome sulla scheda per le proposte che facevano. In tempi come questi non è poco. Altri dieci come loro ed è fatta.
Poi c'è la questione del Terzo polo. Ovviamente mi riferisco a Vittorio Bertola, il candidato di Beppe Grillo che ha preso il 5 per cento dei consensi, superando Alberto Musy, l'esponente di Fli e Udc, che si è fermato un po' prima. Come scrive Fabio Martini oggi sulla Stampa, il merito di questo successo è molto dovuto a certe apparizioni televisive, ma è anche indice dell'inconsistenza dell'alternativa messa insieme da Casini e Fini (che possono ripetere quanto vogliono che "senza il Terzo polo non si vince", ma dimenticano la seconda parte del ragionamento: il Terzo polo da solo non va da nessuna parte).
Adesso buon lavoro a Fassino, nella speranza che riesca anche a ridurre il debito del comune più in rosso d'Italia. Sarà dura, dato che – differenza di Chiamparino, che quel buco lo ha lasciato – nei prossimi cinque anni a Torino non ci saranno né le Olimpiadi né il centocinquantenario dell'Unità d'Italia da cui attingere fondi.
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