Il calcio è una scommessa?

Piero Vietti

Quello che frega i tifosi di calcio.

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    Ha ragione Gramellini, oggi sulla Stampa, quando dice che "chi lascia perdere apposta la nostra squadra del cuore sta estinguendo la riserva di ingenuità che giace dentro ogni essere umano". Anche non volendo fare i romantici o i nostalgici, il calcio truccato è qualcosa che facciamo ancora fatica ad accettare. Ci autoconvinciamo che quel gol assurdo preso al 92° minuto è figlio della sfortuna, dell'errore, della poca grinta, al massimo dell'arbitro, ma non pensiamo nemmeno lontanamente che quel ragazzo che indossa i colori della nostra squadra posso pugnalarci alla schiena così.

    Il calcio non è una fuga dalla realtà, uno sfogatoio per esistenze malinconiche e senza significato; il calcio, per un tifoso, fa parte della vita. Per questo è ancora più triste quello che è (sarebbe?) successo. Cristiano Doni esulta "a testa alta" da una decina di anni, dopo che fu assolto da un'accusa di scommesse clandestine. Ora è accusato della stessa cosa. Mi metto nei panni di un tifoso atalantino: che il giocatore simbolo della tua squadra, il capitano che ti ha appena riportato in serie A, possa avere fatto quello di cui è accusato è una mazzata da cui è difficile riprendersi. E temo che se le accuse venissero confermate dai fatti, difficilmente si potrà chiedere ai tifosi "pietà", come ha fatto ieri Beppe Signori con in giornalisti.

    Il calcio, come scrive oggi Sconcerti sul Corriere, fa parte del mondo, ed è sporco come è sporco il mondo. Cose così però ci rendono cinici. Ma solo per un po'. C'è qualcosa, in questo sport, che ci fa passare oltre anche alle porcate più bestiali. Torneremo a guardare le partite come facevamo da bambini: piangendo per un gol preso, emozionandoci per la giocata del fuoriclasse ed esultando per un gol fatto dal nostro centravanti. E' questo che ci frega. E loro, i calciatori che scommettono e i potenti alla Blatter che governano il sistema da troppo tempo, lo sanno. E ci marciano sopra.

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    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.