Il referendum lo ha vinto Twitter?
Attenti ai luoghi comuni.
Lo scrivono oggi, tra gli altri, Marco Belpoliti sulla Stampa, Filippo Sensi su Europa e Massimiliano Lenzi sul Tempo. L'idea è affascinante, intrigante, ma secondo me non (ancora) così vera. I giornalisti hanno molto a che fare con Internet e con i social network per lavoro (e per cazzeggio, diciamo la verità), e questo rischia di dare loro una visione un po' distorta della realtà "virtuale": dato che il mondo che frequentiamo è on line, abbiamo l'impressione che tutto il mondo sia on line.
Vero è che la televisione sembra avere esaurito questo compito, superata dalla rapidità e dall'incisività del Web; di certo lo ha esaurito la televisione generalista (i canali dall'1 al 6, per intenderci). Ma vedendo come improvvisamente certi giornali on line si sono accorti dei "video divertenti" che girano per la rete, mi sembra che si stia cadendo in una reazione un po' pavloviana: fino a ieri Internet era la feccia, ora qualunque fesseria si trovi in rete (meglio se con intenti ironicamente politici) viene sbattuta in prima pagina sotto al titolo "Rete scatenata", e celebrata come l'ennesima trovata geniale del popolo di Internet.
Leggendo molti analisti pare che Facebook, Twitter e i blog siano diventati già un luogo comune, buoni per una puntata del Manuale di conversazione di Andrea Ballarini. Intendiamoci: sono convinto che è lì che bisogna guardare, ma non scadendo subito in categorie preconfezionate e frasi fatte. E' vero che il passaparola su Internet ha smosso molti verso il voto, ma tutto questo fermento è innanzitutto la conseguenza di errori politici di governo e maggioranza.
Voglio dire: chi ha votato contro Berlusconi non lo ha fatto perché un amico ha condiviso un link sulla sua bacheca virtuale, ma perché Berlusconi non lo convince più.
Per fortuna social network e Web sono molto di più di quello che ci raccontano, e se non si faranno attrarre dalle lusinghe di giornalisti che non avendo fantasia li citano a casaccio come novelli opinion leader virtuali, potranno davvero cambiare molte cose. Basta ascoltarli davvero. Che ne dite?
P.S. Di sicuro c'è che il peso della rete è destinato a crescere ancora, e se giornali e partiti politici non riescono ad intercettarne la parabola, finiranno superati prima ancora di schiacciare la frizione.
P.P.S. Da leggere questa analisi del ruolo del Web nelle votazioni fatto da Linkiesta.
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