Intercettazioni sui giornali. Di chi è la colpa?

Piero Vietti

Un caso unico al mondo.

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    A parte la totale mancanza di qualcosa che assomigli vagamente a un reato, nelle intercettazioni pubblicate in questi giorni dai giornali (con sempre più imbarazzante - per i giornali - visibilità), la domanda che viene a leggerle è: perché continua a succedere che in Italia qualsiasi fregnaccia contenuta nei pesanti faldoni delle procure viene pubblicata nei quotidiani?

    Di chi è la colpa? Del governo che, quando poteva, non è riuscito a fare una legge seria per limitarle (soprattutto limitarne la loro pubblicazione), delle procure che le fanno avere ai giornalisti (anche tramite passaggi intermedi, garantito), dell'opposizione che si è spesso opposta a una legislazione seria in materia, dei giornali che invece di scegliere cosa può essere effettivamente importante riempiono di merda le loro pagine, dei lettori che vogliono leggere queste cose e quindi "costringono" un'industria sempre più in crisi a scrivere certe cose per vendere qualche copia in più, degli intercettati che potevano evitare di dire certe cose al telefono o della mancanza di – scusate la parolaccia – etica in chi maneggia questi documenti?

    Probabilmente è un mix di tutto ciò, certo è che queste cose succedono solo in Italia. In Inghilterra se un giornalista pubblica un decimo delle cose uscite in questi giorni qua da noi rischia il carcere. Strano, eppure ci raccontano sempre che qua c'è il regime e la stampa è imbavagliata.

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    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.