La storia del Daily insegna cosa non si deve fare

Piero Vietti

I cantori della superiorità della carta sul digitale, i nostalgici della passeggiatina fino all'edicola, i feticisti del quotidiano sotto braccio da sfogliare al bar, i sostenitori della insostenibile leggerezza della rete, staranno più o meno segretamente esultando: chiude The Daily, il quotidiano di Rupert Murdoch pensato esclusivamente per iPad e nato un anno e mezzo fa.

    I cantori della superiorità della carta sul digitale, i nostalgici della passeggiatina fino all'edicola, i feticisti del quotidiano sotto braccio da sfogliare al bar, i sostenitori della insostenibile leggerezza della rete, staranno più o meno segretamente esultando: chiude The Daily, il quotidiano di Rupert Murdoch pensato esclusivamente per iPad e nato un anno e mezzo fa. Dimostrazione, sostengono i succitati scettici, che futuro non fa rima con tablet, e che chi punta soprattutto (quando non soltanto) su quello è destinato a morte certa.

    C'è però da dire che, nell'incertezza generale sul futuro del giornalismo e dell'informazione, The Daily non era certamente il progetto da imitare. Come scrive Hamilton Nolan su Gawker, il progetto di Murdoch era una cattiva idea fin dall'inizio: innanzitutto per il target, i soli possessori di iPad, strumento cool e moltpo venduto, ma non abbastanza per reggere le spese alte di un quotidiano con tutti i crismi. Ma soprattutto, la solita vecchia questione: conta la qualità, non (solo) il supporto: se fai un giornale che in un anno e mezzo non fa un solo scoop degno di nota né dà notizie prima degli altri né ha un taglio riconoscibile in modo da attirare uno "zoccolo duro" di lettori affezionati, non venderai mai abbastanza per resistere.

    La storia del Daily insegna soprattutto quello che non si deve fare per fare informazione nell'era di Internet. Evidentemente non basta trasportare su iPad un vecchio modo di fare i giornali.

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    Copie di fatto

    Oltre la carta

    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.