Renzi, Grillo, il Cav., l'Europa e i manettari delusi

Piero Vietti

E dunque non verranno a prenderci casa per casa. Non faranno partire processi sul web e non faranno la rivoluzione. Beppe Grillo è talmente a corto di argomenti che commenta il risultato con un video divertente ma vuoto, con vaghe promesse sul futuro, e dà l'impressione di essere consapevole di aver perso il treno buono.

    E dunque non verranno a prenderci casa per casa. Non faranno partire processi sul web e non faranno la rivoluzione. Beppe Grillo è talmente a corto di argomenti che ha commentato il risultato con un video divertente ma vuoto, con vaghe promesse sul futuro, e dà l'impressione di essere consapevole di aver perso il treno buono. Da qui in poi è molto probabile che il M5s non crescerà più, a meno di cambiare completamente metodo di lavoro e propaganda (ma con il rischio di snaturarsi e diventare ancora più inutile di quanto già non sia).

    Il risultato del Pd di Matteo Renzi è impressionante, sorprendente, anche se l'analisi dei freddi numeri ci dice che è stato votato da meno elettori di quanti alle politiche del 2008 scelsero il Pd di Walter Veltroni (11 milioni contro 14). Mettersi a discutere degli astenuti è però esercizio retorico e onanistico, chi non c'è ha sempre torto. E il discorso vale soprattutto per i grillini che adesso se la prendono con chi non ha votato.

    Renzi non ne ha sbagliata una, e la conferenza stampa di oggi – pacata, fattiva, poco trionfalistica (anche se gli ridevano gli occhi, le orecchie e pure il naso, mentre parlava) – è l'esempio plastico di un leader sicuro di sé, consapevole di aver raggiunto un risultato storico che nessuno dei suoi predecessori aveva neppure osato immaginare, e in grado di saperlo gestire.

    Il centrodestra è da ricostruire, dicono in molti. Persa la forza propulsiva di Berlusconi, azzoppato dalla condanna e a tratti inefficace, ha mantenuto lo zoccolo duro degli elettori non riuscendo a convincere i dubbiosi, che hanno preferito restare a casa. Probabile che a breve ci sia un riavvicinamento tra Forza Italia e Ncd (salvo per un pelo, e con un'identità ancora da trovare: nel giro di un anno è passato da novità positiva a contenitore di bolliti e fuoriusciti), anche se Alfano oggi ha ribadito il suo appoggio al governo e non ha fatto aperture evidenti a Fi.

    E' molto probabile che per i prossimi anni il centrosinistra guidato da Matteo Renzi sarà quello che è stato in passato il centrodestra guidato da Silvio Berlusconi: il partito da battere, e che raccoglie attorno a sé la maggioranza dei consensi.

    L'impressione è che questo a sinistra sia finalmente possibile perché, per usare un'espressione di Claudio Cerasa nel suo ultimo libro, Renzi sta riuscendo a spezzare le catene che da due decenni almeno legavano il Pd a se stesso, impedendogli di crescere e risultare credibile al di fuori della cerchia dei fedelissimi.

    Non so se il risultato del Pd sia la vittoria della speranza sulla paura, come ha detto il premier. Molto ha fatto lo stile vincente di Renzi: non ha vinto per il suo programma, ma perché è riuscito a trasmettere maggiore stabilità e credibilità agli elettori rispetto alla bava di Grillo e all'incertezza del "pacchetto" di centrodestra. Il suo governo non ha ancora fatto granché, ma ha saputo trasmettere l'idea di un esecutivo che lavora e che ha voglia di fare riforme importanti.

    Essere il leader di un governo di grande coalizione senza perdere la propria identità o scomparire dietro alle beghe interne gli ha conferito un carisma decisivo ieri nelle urne.

    Il tema dell'Europa è rimasto in secondo piano, mi pare, sia in campagna elettorale sia nel voto: non credo si sia votato pro o contro l'euro, lo sguardo della maggioranza degli italiani era puntato più sull'orizzonte interno che su quello dell'Unione. Chi ha fatto propaganda contro l'Europa, però, non è stato premiato. Forse è il caso di smetterla di dare contro Bruxelles con toni da battaglia, e mettersi a capire come l'Ue possa essere utile a chi ne fa parte: senza capire a che cosa serve (e che cos'è, almeno nelle intenzioni di chi la volle unita) l'Europa continueremo a subirla e lamentarcene.

    Una cosa è certa, e promette bene: il partito delle manette è il grande sconfitto di queste elezioni. La sfliza di arresti, avvisi di garanzia e accuse dei giorni scorsi non ha spinto la gente a rifugirsi nei moralizzatori delle politica grillini. Il fatto che il Pd – salvo il caso Genovese – abbia scelto di tenere un profilo garantista e anti giustizialista non ha impedito di raccogliere consensi in tutta Italia. Alcuni degli eletti al nuovo Parlamento europeo stanno passando guai con la giustizia, eppure hanno avuto migliaia di preferenze.

    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.