Darsi all'ippica
Non solo ballottaggio. Che altro succede in città, nei dieci giorni che mancano al ballottaggio Virginia Raggi-Roberto Giachetti? C’è infatti tutta una Roma che si muove come se fosse in un altro film, anche se di ballottaggi quasi solo si parla, tanto più che ora ci si è messo di mezzo pure il “caso Totti”: il campione ha parlato di Olimpiadi – lui le vorrebbe eccome, a Roma, nel 2024, e a quel punto c’è chi gli ha detto “allora sei pro Giachetti” (candidato dem pro Olimpiadi) e Totti per due giorni ha dovuto rispondere incessantemente che li vuole, sì, i Giochi nella Capitale, ma che no, la politica non c’entra. E allora Maurizio Gasparri, noto esponente e senatore romanista di Forza Italia, ha detto alla “Zanzara”, su Radio 24, che l’intervento del “Pupone” non gli è piaciuto per niente, e ha tirato fuori una vecchia storia di investimenti immobiliari della famiglia Totti, gridando altresì “Totti dovrebbe appartenere a tutti”, mentre Alessandro Di Battista, dal M5s, ha fatto sapere che non saranno i Cinque stelle “a fermare lo sport”. E uno poteva anche cominciare a pensare “uffa”, mentre i candidati sindaci si scontravano a distanza e si recavano dall’ambasciatore americano e parlavano con Richard Gere e ascoltavano dichiarazioni di voto e non voto dagli ex avversari, quando si scopriva, improvvisamente, che nel quartiere Prati aveva aperto un “ristorante per cani e gatti”, dove i quadrupedi possono attendere i padroni in un finto prato, mentre i padroni possono scegliere per l’animale domestico pasti a chilometro zero (ossessione che non riguarda più solo la tavola degli umani) oppure far consumare al gatto o al cane le “verdure stagionali”, la carne “di qualità” e i “biscotti artigianali” in loco, in apposite ciotole “da degustazione” (ma presto ci sarà anche il take-away).
E poi, nelle prime serate estive, si apprendeva che c’è tutta una Roma solitamente invisibile intenta a giocare a polo (non era dunque un “polista” isolato Alfio Marchini, candidato sindaco non passato al secondo turno). Una Roma che gioca qui, e non all’estero, come si era sempre pensato per via della forse colpevole ignoranza di cose ippiche, qui nella città scenograficamente più inadatta a un simile sport, visto più che altro nei film con attori scelti a caso da “Pretty Woman” o “Quattro matrimoni e un funerale”. E si apprendeva che, a due passi da Corso Francia (Roma nord), gli appassionati di polo hanno addirittura un loro club, con distese di prati verdi e schiere di casette (box) per cavalli che la sera fanno “cù-cù” alle macchine degli ospiti del ristorante (molti dei quali neofiti del genere) o di eventi-grigliata con dj set nel fango (se piove), tipo Stonehenge Festival, o nell’erba (se non piove), tipo raduno ibizenco-hippie rivisitato in serata décontracté per liberi professionisti, con piccoli droni volteggianti sulla testa per ricognizioni fotografiche. Al primo cavallo che si affacci dal box, l’ignaro avventore, concentrato a cercare parcheggio tra le fioriere, può pensare magari di trovarsi nel prossimo film di Paolo Sorrentino (con apparizioni di destrieri al posto delle apparizioni di fenicotteri. Ma al secondo e al terzo cavallo costui o costei capisce di trovarsi in un altrove rispetto al tutto elettorale (e altrove persino rispetto alle serate di maggio in Piazza di Siena, quelle sì in linea con la tradizione ippica della città, che da Giulio Andreotti in giù ha sempre avuto un debole per le corse e un’ossessione citazionista da pellicole come “Febbre da cavallo”).
Se poi ci si sposta nei quartieri più a sud, è pur sempre un ippodromo (Capannelle) a ospitare serate fuori-contesto rispetto al discettare di Mafie, debiti e riconteggi di voti, e proprio nei giorni in cui il pensiero di darsi per così dire all’ippica ancora non sfiora candidati sindaci e aspiranti consiglieri ancora intenti alla preparazione della battaglia finale: succede infatti che all’ippodromo, da molti anni adibito ad arena musicale estiva e mega-villaggio per cene in stile “food truck”, vada in scena, in una delle serate pre-ballottaggio, nientemeno che il concerto dei Duran Duran, il gruppo più amato dalle ex ragazzine ed ex ragazzini anni Ottanta, oggi quaranta-cinquantenni capaci di andare ancora in delirio e visibilio, sì, ma senza riuscire del tutto a distaccarsi dall’attualità politica, tanto che su Facebook, prima e dopo il concerto, si potevano leggere commenti che coniugavano l’eterna bellezza della canzone “Wild Boys” all’eterna bruttezza dei cantieri della metro C o delle strade crivellate di buche. Anche se poi la “Grande Bellezza”, zitta zitta, all’ombra del ballottaggio, a volte si dimentica di essere romana: è stata infatti l’Accademia di Francia di Villa Medici, ieri, a organizzare una serata elettronica-mostra-performance live nel palazzo con giardino sopra Piazza di Spagna, luogo più che mai sorrentiniano da cui il dibattito pre-voto appare per forza di cose più marziano dell’ex sindaco marziano Ignazio Marino (e si capisce che, tra un artista e un dj, tra scalinate e saloni, alberi e labirinti, l’elettore possa pure pensare, per un attimo, di non trovarsi nel bel mezzo della cosiddetta “sfida capitale”).
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