Al Milan non resta che cantare "Toro, Toro"
Non fu fatale questa Verona, dove non siamo riusciti a piegare nemmeno un roccioso quartiere. Alla prossima ci toccherà vedercela con tutta la città.
Non fu fatale questa Verona, dove non siamo riusciti a piegare nemmeno un roccioso quartiere. Alla prossima ci toccherà vedercela con tutta la città. Avessimo perso, ricorderemmo l’evento con dolore e non con la noia abissale, il sentimento di fastidio di fronte alla ricca galleria di smarronate, passaggi sbagliati, rinvii a campanile, tackle perennemente in ritardo, svogliatezza individuale e collettiva. Diavolo cornuto, barzotto e depresso si è potuto riprendere solo guardando meravigliato, ammirato poi commosso animale egualmente cornuto: un Toro indomabile, eroico in Spagna dove lo davano per matato e dove invece matò, che dopo quell’impresa ne ha infilata un’altra. Sfiniti, sulle rotule, ma pronti a combattere fino alla morte, un toro con un progetto vero, cuore e cojones. Ragazzi fantastici, una linea difensiva e di centrocampo che noi ce la sogniamo, e un direttore d’orchestra, Ace Ventura, immenso, come non ne nascono più da tempo. Il diavolo è in piedi dunque e con famiglia amici e vicini canta in coro “toro, toro”.
Il Foglio sportivo - in corpore sano