La primavera araba? Un incubatore di genocidi, dice il patriarca di Baghdad
Roma. Ronald Lauder, presidente del World Jewish Congress, intervenendo alla Georgetown University di Washington, è stato chiaro: “Per me, l’antisemitismo e la persecuzione dei cristiani sono fatti che anticipano qualcosa che deve ancora accadere, e se non iniziamo tutti insieme a combattere in fretta queste piaghe, ci attenderanno tempi bui e spaventosi”. Una profezia apocalittica basata sui numeri, quelli contenuti nel rapporto della commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite presentato qualche giorno fa.
Nel documento si legge che “lo Stato islamico sistematicamente ha separato gli uomini dalle donne e dai bambini. Gli uomini, successivamente, sono stati portati vicino a dei fossi e lì freddati in modo sommario”. La missione condotta da un gruppo di osservatori ha avuto luogo lo scorso anno, nelle regioni dell’Iraq del nord. Credibile è stato giudicato il centinaio di testimonianze raccolte sullo stupro di giovani ragazze, “comprese bambine di nove e sei anni. Tredici ragazzini sono stati condannati a morte per aver guardato una partita di calcio”. Confermata – ma qui i servizi fotografici e i video confezionati dagli esperti informatici al soldo del califfo l’avevano chiarito a sufficienza – “la distruzione di cattedrali e chiese a Qaraqosh”. Il resto è un quadro fatto di imprigionamenti di massa – anche nell’antico monastero di San Giorgio, a Mosul – lapidazioni, amputazioni, aborti forzati, conversioni all’islam imposte, coscrizione di bambini, schiavitù sessuale, tortura. “I combattenti assassinano sistematicamente i membri delle minoranze etniche e religiose, quanti non condividono la loro errata interpretazione dell’islam e chiunque si opponga alla loro concezione apocalittica”, si legge nel documento. E ancora, i jihadisti danno la caccia con “indicibile brutalità” alle donne e ai bambini. Distruggono i simboli religiosi e culturali che sono patrimonio dell’umanità. Niente di nuovo per il patriarca caldeo di Baghdad, Louis Raphaël I Sako, che venerdì scorso è intervenuto al Palazzo di vetro di New York per ribadire con forza quanto sta dicendo da quasi un anno: “I gruppi estremisti islamici rifiutano di vivere accanto ai non musulmani. Li stanno perseguitando e sradicando dalle loro case, stanno cancellando la loro storia (e la loro memoria). Siamo al cospetto di una gravissima crisi ideologica e di un tentativo di monopolizzare il potere, svuotando le istituzioni e restringendo la libertà. Questa orribile situazione – ha aggiunto il presule – ci porta a stabilire dei princìpi, basati sul diritto internazionale, volti a prevenire questa catastrofica discriminazione contro gli esseri umani e l’umanità intera”. Le azioni militari, ha osservato Sako, non bastano a sradicare il Califfato. Occorre che la comunità internazionale, comprese la Lega araba e l’Organizzazione della cooperazione islamica, “prenda azioni legali decise e misure definitive”.
Il patriarca parla di genocidio in atto, rievoca “i massacri contro i cristiani del 1915” e spiega che “oggi stiamo vivendo una situazione catastrofica in tutto simile a quella”. In tutta sincerità, aggiunge ancora, “la cosiddetta primavera araba ha avuto un impatto negativo per noi”. La lista delle cose da fare, ora, è lunga: innanzitutto, sottolinea Sako, bisogna dare “pieno sostegno al governo centrale al governo regionale curdo nella liberazione di tutte le città irachene”. E’ necessario, poi, “garantire una protezione internazionale per gli abitanti della piana di Ninive, costretti con la forza ad abbandonare le loro case”. A chi sostiene che il problema è nella predicazione degli imam, spesso veementi contro l’occidente e gli infedeli, il patriarca caldeo sostiene che “le gerarchie religiose devono presentare una adeguata esegesi dei testi religiosi, secondo il principio della tolleranza zero nell’estrapolare i testi religiosi dai loro contesti”. Un sostegno chiaro alla rivoluzione nell’islam auspicata lo scorso dicembre all’Università di al Azhar dal presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi.
Vangelo a portata di mano