Il venerdì santo dei martiri cristiani. “L'occidente sembra Pilato”
Roma. Nel venerdì santo di silenzio e penitenza, prima di prostrarsi dinanzi al Crocifisso in San Pietro, il Papa ha espresso il suo “profondo dolore” per la strage di 147 studenti cristiani kenioti, eliminati dai fondamentalisti qaedisti somali in quanto “miscredenti”. Si tratta, ha chiosato Francesco, di “un atto brutale, una immensa e tragica perdita di vite”. Ieri sera, durante la Via Crucis al Colosseo, c’è stato tempo e modo per ricordare i martiri di oggi. Nella meditazione alla seconda stazione, il vescovo emerito di Novara, mons. Renato Corti, ha scritto che “pure in questi giorni vi sono uomini e donne che vengono imprigionati, condannati o addirittura trucidati solo perché credenti o impegnati in favore della giustizia e della pace. Essi non si vergognano della tua (di Gesù, ndr) croce. Sono per noi mirabili esempi da imitare”. E l’esempio testimoniato ieri al Colosseo è stato quello di Shahbaz Bhatti, ministro per le minoranze pakistano assassinato da un gruppo di uomini armati, quattro anni fa. La sua colpa, quella di essere cattolico. Nel suo testamento spirituale, di cui è stato letto un estratto, Bhatti osservava: “Pensai di corrispondere all’amore di Gesù donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita”.
Parole che hanno rievocato un’altra Via Crucis, quella del 1998. Allora, Giovanni Paolo II affidò – non senza sorpresa – la stesura delle meditazioni alla penna del laico ortodosso Olivier Clément, recentemente ricordato anche da Bergoglio in una delle ultime udienze generali del mercoledì. E Clément, subito, guardò ai martiri contemporanei: “Sia crocifisso! Questo grido, moltiplicato dalla cieca passione della folla, strana liturgia della morte, risuona lungo la storia, risuona lungo il secolo che finisce: ceneri di Auschwitz e ghiaccio del Gulag, acqua e sangue delle risaie dell’Asia, dei laghi dell’Africa, paradisi massacrati. Tanti bambini negati, prostituiti, mutilati”. ≠Alla vigilia della strage di giovani cristiani fucilati in Kenya – alcuni decapitati, perché non ricordavano il nome della madre di Maometto – l’osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite tornava a reclamare attenzione dalla comunità internazionale. Le parole di mons. Silvano Tomasi erano ancora una volta lontane dalla tradizionale prudenza diplomatica. Parlava dell’avanzata dei miliziani jihadisti in vicino oriente e in Africa, definendo Boko Haram e Stato islamico “un cancro da fermare”.
[**Video_box_2**]Intanto, ieri pomeriggio in San Pietro, il predicatore pontificio, Raniero Cantalamessa, puntava il dito contro i “tanti Pilato che si lavano le mani”, in occidente, dinanzi al macello che si sta perpetrando nel mondo. “Per una volta non pensiamo alle piaghe sociali, colelttive: la fame, la povertà, l’ingiustizia, lo sfruttamento dei deboli. Di esse si parla spesso – anche se mai abbastanza – ma c’è il rischio che diventino delle astrazioni. Pensiamo piuttosto alle sofferenze dei singoli, delle persone con un nome e un’identità precisi; alle torture decise a sangue freddo e inflitte volontariamente, in questo stesso momento, da esseri umani ad altri esseri umani, perfino a dei bambini”. “Quanti Ecce homo nel mondo!”, ha osservato il padre cappuccino: “Mio Dio, quanti Ecce homo! Quanti prigionieri che si trovano nelle stesse condizioni di Gesù nel pretorio di Pilato: soli, ammanettati, torturati, in balia di militari rozzi e pieni d’odio, che si abbandonano a ogni sorta di crudeltà fisica e psicologica, divertendosi a veder soffrire”. E, citando Pascal, ha aggiunto che “non bisogna dormire, non bisogna lasciarli soli”. I cristiani, ha detto ancora Cantalamessa, “non sono certamente le sole vittime della violenza omicida che c’è nel mondo, ma non si può ignorare che in molti paesi essi sono le vittime designate e più frequenti”.
Editoriali
Mancavano giusto le lodi papali all'Iran
l'anticipazione