Joseph Fadelle, nato Muhammad, fu torturato per volontà di suo padre dopo essere diventato cristiano

“Con l'islam non si può dialogare”

Matteo Matzuzzi
“E’ impossibile che un musulmano soccorra un altro uomo che s’è convertito al cristianesimo. E’ obbligato a spargere il sangue di chi abbandona l’islam”. A dirlo è stato Joseph Fadelle, intervenendo al Convegno per la libertà religiosa che s’è tenuto nei giorni scorsi a Madrid. La sua era la testimonianza più attesa, perché Joseph è un convertito.

Roma. “E’ impossibile che un musulmano soccorra un altro uomo che s’è convertito al cristianesimo. E’ obbligato a spargere il sangue di chi abbandona l’islam”. A dirlo è stato Joseph Fadelle, intervenendo al Convegno per la libertà religiosa che s’è tenuto nei giorni scorsi a Madrid. La sua era la testimonianza più attesa, perché Joseph è un convertito. Nato in Iraq nel 1964 con il nome di Muhammad, nel 1987 – grazie a Masud, un commilitone cristiano conosciuto a Bassora, lungo la linea del fronte della guerra contro l’Iran – rimane folgorato dalla lettura del Vangelo e sceglie di abbracciare Cristo. La famiglia, sciita e benestante, lo fa incarcerare. Il padre – dopo avergli trovato una copia della Bibbia e aver interrogato il nipote di quattro anni – ne ordina la tortura fino a quando quella che riteneva essere una mera infatuazione non sarebbe passata. Supplizio inutile, perché Muhammad non torna indietro. Costretto agli arresti domiciliari, riesce a scappare. Sopravvive per miracolo a un tentativo di omicidio (ordito dal fratello), passa il confine con la Giordania e da lì, a tappe, giunge in Europa.

 


La sua storia è nota, qualche anno fa ha mandato in stampa il libro “Il prezzo da pagare” (edito in Italia da San Paolo), il racconto dell’odissea patita dal momento in cui ha scelto di essere cristiano. Sulla sua testa, oggi, pende una fatwa: “In Francia c’era un imam siriano che voleva ammazzarmi e siccome ho quattro bambini non posso stare nello stesso posto per molto tempo. La polizia mi chiede di cambiare costantemente casa”. Non a caso, il titolo del suo intervento era “Il martirio dei musulmani convertiti al cristianesimo”, l’altra faccia del dramma che si consuma nel vicino oriente dove ormai la presenza cristiana pare destinata a una lenta estinzione, se le milizie jihadiste del cosiddetto Califfato continueranno a prosperare nella piana di Ninive. Fadelle ne ha per tutti, a cominciare da chi rimpiange Saddam Hussein (dice di ricordarsi bene le prigioni del rais) per finire con chi esalta l’opera pia di qualche agenzia onusiana: “Un funzionario musulmano dell’Unhcr mi ha accusato, ingiustamente, di essere stato complice negli attacchi con i gas contro i curdi che hanno causato cinquemila morti”. Quando gli parlano del valore straordinario che Maometto attribuisce alla vita, Joseph Fadelle risponde che “il Corano è uguale per tutti e afferma la necessità di uccidere chi abbandona l’islam”. Certo, va fatta una distinzione tra islam e musulmani, ha sottolineato in un’intervista alla piattaforma Hazteoir: “L’islam è pericoloso, ma i musulmani sono nostri fratelli in Cristo e noi siamo responsabili nei loro confronti, della loro salvezza. Dobbiamo amarli, accoglierli con rispetto”. E’ il testo sacro a essere il problema, la sua interpretazione troppo rigida – “come se si fosse ancora ai tempi del Profeta, nel Settimo secolo”, aveva detto al Foglio il 18 febbraio scorso l’islamologo gesuita Samir Khalil Samir. Il Corano “è parola di Dio, e di conseguenza uccidere il non credente è un ordine di Dio. Come si può non obbedire a Dio?”, ha aggiunto Fadelle. Proprio per questo, “la mia famiglia tenterà in ogni modo di togliermi di mezzo”. E’ un versetto coranico, un hadit, a prescriverlo. Si può fare ben poco, chiosa.

 


[**Video_box_2**]Il suo cruccio maggiore, ora, è il destino dell’occidente: “L’islam lo considera empio, gli occidentali non musulmani sono empi”. A chi in conferenze e simposi raccomanda dialogo con tutti e a tutti i costi, lui mostra le cicatrici della prigionia: “Dialogare basandosi sul rispetto e la tolleranza non è possibile”, se il presupposto è che chi cambia credo religioso debba essere mandato sotto terra. L’errore macroscopico dell’occidente, dice, è di aver rinunciato alle proprie radici, ai valori che l’hanno plasmato e fatto diventare grande: “L’opzione laica colloca l’occidente ancora di più nel mirino dell’islam. Un laico, per l’islam, è peggiore di un credente di qualsiasi religione”, perfino dei politeisti. Joseph Fadelle non contempla distinzioni: “C’è un unico islam, come c’è un unico Corano”. La differenza la fa il modo in cui quel libro viene interpretato, se alla lettera o no.

 

Articolo aggiornato il 4 maggio 2015, ore 12.20.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.