Il Papa, la misericordia per chi abortisce e si pente e le parole che mancano sulla sordità morale degli stati sull'aborto
Non ho competenza nel perdono ecclesiastico, se Papa Francesco ha deciso di potenziare spiritualmente l’anno santo di misericordia affidando ai suoi preti missionari il potere di assolvere dal peccato di procurato aborto madri, padri, congiunti, operatori sanitari, è un diritto della chiesa e niente più, e in sé non è nemmeno cosa nuovissima, è un ampliamento della platea di coloro che per mandato vescovile hanno questo potere di remissione anche ordinariamente. Gaudeamus igitur, rallegriamoci.
Sono da laico preoccupato di un equivoco. La misericordia riguarda soltanto noi peccatori o anche gli innocenti ai quali è negata la vita nella realizzazione di una perfetta ingiustizia? (Il leader radicale Franco Roccella diceva che l’aborto è l’omicidio perfetto perché espropria di tutta la vita, fin dal concepimento, l’uomo o la donna la cui generazione viene interrotta con dolore e violenza). Guardatevi le immagini in 3D o in 4D dei bambini nel seno delle loro madri biologiche e vedrete letteralmente fotografate le molte dimensioni del problema insieme con l’unica risposta possibile. L’aborto volontario è un male assoluto.
E’ bene in generale che la chiesa di Cristo si affidi a un Padre che ama e perdona, “non si stanca di perdonare”, come dice il Papa, “mentre noi ci stanchiamo di chiedere il suo perdono”, come aggiunge. Ma non è proprio qui che si innesta la questione posta dalla campagna antiabortista laica del 2008, quella della “lista pazza”? Noi non sostenevamo che si dovesse ripristinare la galera o altra punizione afflittiva per la donna che volontariamente si procura un aborto, per chi maschio ha condiviso la decisione, per chi la rende attuabile in strutture private o pubbliche. Dicevamo invece che occorrevano politiche di dissuasione dall’aborto, di sostegno attivo a soluzioni alternative, e che la ruota medievale era più civile di un laboratorio di infelicità e di distruzione della vita come “rifiuto ospedaliero” (tra le altre molte cose). Insomma ponevamo il problema della “sordità morale” di fronte all’aborto, che contraddice la Carta dei diritti umani dell’Onu, il senso comune naturale, la retta ragione, la sensibilità umana generica, la verità inoppugnabile delle cose statuita anche dai mezzi nuovi di ricognizione della scienza biologica. E che altro era questo se non la segnalazione dello stesso dramma indicato dal Papa della tenerezza, e cioè che l’essere umano occidentale e secolarizzato si è stancato di chiedere perdono? Si è sempre abortito nel mondo, ma mai con la impudenza ideologica di considerare l’interruzione volontaria della gravidanza un diritto, e di condannare come nemico della procreazione responsabile chi si opponga.
[**Video_box_2**]Ora la chiesa amplia lo spazio di esperienza e di fattibilità delle procedure canoniche di misericordia, per alimentare una sofferta e viva comunione dei fedeli nel segno del perdono. Vivaddio. Ma quand’è che al posto delle parole sempre un po’ fredde e burocratiche di un prelato come monsignor Rino Fisichella, che ha spiegato come i missionari del Giubileo potranno rimettere i peccati, quando avremo il bene del tutto laico di sentire che anche la chiesa giudica con severità la sordità morale degli stati, dei governi, dei partiti, delle associazioni, delle tribune internazionali, perfino nel recinto della sua comunità, sulla materia di un perdono che ci si è stancati di chiedere, di una sordità morale che induce alla cosificazione nell’inerzia, via scarto, della vita umana incipiente?
Vangelo a portata di mano