“Nozze gay? Una sconfitta per l'umanità”, dice Parolin. Ma s'avanza il fronte novatore su sesso e famiglia
Roma. Il cardinale segretario di stato di Sua Santità, Pietro Parolin, guarda i risultati del referendum irlandese che ha dato il via libera alle nozze tra persone dello stesso sesso, e dice che si tratta “non solo di una sconfitta dei princìpi cristiani, ma d’una sconfitta dell’umanità”. La famiglia, ha aggiunto, “rimane al centro e dobbiamo fare di tutto per difendere, tutelare e prmuovere la famiglia perché ogni futuro dell’umanità e della chiesa anche di fronte a certi avvenimenti che sono successi in questi giorni rimane la famiglia”. Nel frattempo, vescovi, teologi e cardinali di Svizzera, Germania e Francia dibattevano alla Pontificia Università Gregoriana di sesso e famiglia, piatto forte del decisivo Sinodo prossimo venturo convocato dal Pontefice all’alba dell’autunno del 2013. Una riunione, guidata dal cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga e dai presidenti delle conferenze episcopali elvetica e francese, Markus Büchel e Georges Pontier, divisa in tre parti: studio sull’ermeneutica biblica per cominciare – in particolare le parole di Gesù su matrimonio e divorzio – quindi riflessione sulla teologia dell’amore e infine dissertazioni varie sull’applicazione dell’insegnamento morale cattolico ai tempi d’oggi. Aspetto difficile, visto che – come mettono per iscritto i vescovi tedeschi in una nota – “nel contesto sociale delle nostre società l’individuo è chiamato a confrontarsi con crescenti difficoltà senza posa nella costruzione responsabile della propria vita”. Il tutto a porte chiuse, per circa cinquanta invitati. “Fanno fronte comune, ma non siamo in presenza di una riedizione di quanto già visto all’apertura del Vaticano II”, dice al Foglio il vaticanista di lungo corso Gian Franco Svidercoschi, già vicedirettore dell’Osservatore Romano: “Allora i franco-tedeschi si ribellarono alla curia sulla questione delle commissioni conciliari”.
Semmai, aggiunge, “c’è da chiedersi cosa ci possa essere di fondamentalmente nuovo rispetto a quanto i rappresentanti di queste conferenze episcopali avevano già detto nei mesi scorsi”. Il fatto di aver scelto Roma come sede della riunione, nota Svidercoschi, “fa però venir meno la parvenza della provocazione. Penso uscirà una proposta che sarà portata all’attenzione del Pontefice; un testo per fargli sapere che non si può tornare al punto di partenza”. E chissà se nella relatio post consesso da far leggere a Francesco si infileranno anche le frasi su “carezze, baci e coito inteso come venire insieme” che hanno risuonato nelle auguste aule della Universitas romana retta dai padri gesuiti. D’altronde, uno dei partecipanti ha focalizzato il proprio intervento sulla constatazione che “lo stimolo sessuale rappresenta la base per un rapporto duraturo”, mentre una collega asseriva certissima che “con l’allungarsi della vita anche la frontiera della fedeltà si sposta” e che insomma stare insieme allo stesso partner per decenni alla fine può annoiare. Attenzione, però, a parlare di assemblee e ritrovi carbonari: “Chiusura non significa tener nascosto qualcosa, bensì dare a tutti la libertà di dire quel che pensano”, osserva al Foglio il teologo Andrea Grillo, docente al Pontificio ateneo Sant’Anselmo. “C’è necessità di comprendere la realtà e c’è bisogno di predisporre strumenti concettuali nuovi per mettersi in contatto con questa realtà”.
[**Video_box_2**]“Serve – spiega Andrea Grillo – un’impostazione teologica diversa”: “Il problema non è dire che la dottrina è rigida e che quindi va resa meno rigida. Ci vorrebbe più mediazione teologica, che a Trento, al Concilio Vaticano I e al Vaticano II era qualcosa di fondamentale; si pensi solo ai documenti prodotti in quelle assise. Questo, oggi, si è perso. E’ naturale, quindi, che siano le conferenze episcopali locali a farsi carico di questa incombenza”. Soprattutto se “l’incentivo a dire quel che si pensa”, alla parresia, “arriva direttamente dall’alto, dal Papa e da importanti personalità a lui vicine”. Non è tanto il parlare franco di questi giorni a stupire Grillo, quanto piuttosto l’eccessiva cautela mostrata prima: “Forse, dato anche l’input dall’alto, ci si sarebbe potuti attendere che i teologi fossero più rapidi nel rispondere. Ma c’era una certa paura di esporsi, che negli ultimi mesi sembra svanita”. Di certo, e questa riunione l’ha confermato, “ben pochi, forse nessuno, erano per l’immobilismo, per confermare quel che si è sempre detto in tema di insegnamento cattolico sulla morale. Ora si discute semmai su come e quanto muoversi”. Svidercoschi è d’accordo: “C’è forse il timore che non si facciano passi avanti e quindi si vuol rimarcare il fatto che non si può tornare indietro”. E quanto avvenuto alla Gregoriana è solo un esempio, dice il docente del Sant’Anselmo, ricordando che solo l’11 maggio si è tenuta alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale una giornata di studio sul tema della indissolubilità. “I pastori si sono resi conto che, per affrontare una situazione di costume e sociologica come questa, necessitano di una impostazione teologica diversa. Il problema è quello di confrontarsi con una tradizione morale e giuridica scollata dalla realtà”. Che fare dunque? Il teologo ritiene che l’elemento che più s’è affermato negli ultimi mesi di dibattito ha a che fare con la gradualità eucaristica: “Si parla sempre di gradualità penitenziale, ma mai di quella eucaristica”.
Alla fine si arriverà forse a discutere la distinzione tra il matrimonio inteso come sacramento e il matrimonio come contratto. “E’ la linea tedesca, dopotutto”, spiega Grillo. Sarebbe importante, aggiunge, “rileggere l’esperienza delle seconde nozze non più come adulterio continuato”. E’ una strada che inizia a farsi largo, specie in settori dell’episcopato francese: “La categoria medievale che noi seguiamo non ha più concretezza nella realtà che viviamo ormai da due secoli”. Il dibattito, insomma, potrebbe portare progressivamente alla “distinzione del peccato grave dall’adulterio”. Si tratta di ammettere che “anche le seconde nozze, pur tra le normali ferite del caso, possono non rappresentare una condizione di peccato”. Finora, aggiunge Grillo, si è troppo pensato e discusso su “approcci e soluzioni che riguardano il singolo” e non si è guardato al problema nella sua globalità e complessità. Intanto, tra poche settimane sarà diffuso il nuovo Instrumentum laboris, la traccia per il confronto nell’Aula Nuova del Sinodo. Allo studio anche la possibilità di aggiornare la metodologia dei lavori.
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