Il cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola (foto LaPresse)

Scola ai vescovi maroniti: "Fatica sprecata sperare nell'aiuto dell'occidente"

Matteo Matzuzzi
Il cardinale Angelo Scola ha partecipato nei giorni scorsi al Sinodo della Chiesa maronita che si è tenuto a Jenuah, la "casa madre" dei maroniti nel mondo. L'arcivescovo di Milano, che si era recato in Libano per l'ultima volta nel 2010, ha osservato come la situazione da allora sia peggiorata.

    Il cardinale Angelo Scola ha partecipato nei giorni scorsi al Sinodo della Chiesa maronita che si è tenuto a Jenuah, la "casa madre" dei maroniti nel mondo. L'arcivescovo di Milano, che si era recato in Libano per l'ultima volta nel 2010, ha osservato come la situazione da allora sia peggiorata. Scola ha sottolineato fin da subito il profondo significato del martirio. Ha espresso  "profonda gratitudine per la testimonianza di attaccamento a Cristo che le chiese orientali, cattoliche e non cattoliche, stanno rendendo di fronte al mondo. E' una testimonianza che giunge non di rado fino al martirio e i cui effetti, nella Chiesa e fuori di essa, non possiamo ora misurare. I mezzi di comunicazione, che tante volte si trasformano in strumenti di propaganda terroristica, consapevole o inconsapevole, diffondono questi acta martyrum contemporanei con un’immediatezza (e una crudezza a volte) che le narrazioni dei primi secoli ci facevano solo intuire".

     

    Ma è il passaggio sull'occidente e sulla sua debolezza l'aspetto più significativo del discorso. Un occidente che – ha notato l'arcivescovo ambrosiano – ha davvero difficoltà "quanto sta avvenendo in questa regione". Ecco, di seguito, le parole di Scola:

     

    "L’ultimo pensiero riguarda l’Occidente e i cristiani che vi vivono. Finora ho parlato di quello che le nostre comunità europee possono ricevere, e già ricevono, dall’eroica testimonianza di tanti fratelli in Medio Oriente e nelle altre regioni di persecuzione. Un tale dono suscita spontaneamente il desiderio di rispondere da parte nostra, facendo quanto è possibile per alleviare la sofferenza. Questo avviene su vari piani: l’aspetto materiale innanzitutto, perché alle chiese occidentali sta a cuore sostenere con ogni mezzo la presenza cristiana in questa regione. Non meno importante è l’aspetto spirituale, che in Italia ci ha visti riuniti in preghiera la vigilia di Pentecoste per tutti i cristiani perseguitati. E infine è fondamentale il compito di sensibilizzazione delle coscienze per arrestare il male, anche secondo il principio ricordato dal Papa per cui «fermare l’aggressore ingiusto è un diritto dell’umanità, ma è anche un diritto dell’aggressore, di essere fermato per non fare del male». Ma qui cominciano le difficoltà.
    Sapete infatti bene che la chiesa in Occidente (Europa e Stati Uniti), pur conservando in alcune regioni una consistente presenza di popolo, manifesta una debolezza culturale che la rende spesso ininfluente rispetto alle decisioni politiche.
    Il fatto è che in Occidente esiste una reale difficoltà a comprendere quanto sta avvenendo in questa regione. Si pensa di sapere già, di avere la chiave per interpretare i fatti. E si commettono così errori grossolani di valutazione. Senza andare a scomodare Iraq e Siria, basta citare la persistente incapacità a leggere quanto sta avvenendo in Egitto se non nei termini di “elezioni tradite”. L’occidentale medio non è in grado di pensare una guerra di religione, anche per la sua storia passata, e ragiona unicamente secondo gli assoluti di democrazia e tirannide, senza percepire la necessità di cooperare con tutte quelle forze che si oppongono, per le più varie ragioni, al genocidio fisico e culturale perpetrato da ISIS e dagli Stati che, direttamente o indirettamente, la sostengono nel criminale progetto di un Medio Oriente mono-colore.
    Per questo temo sia fatica sprecata cercare di porre la questione, anche con i governi occidentali, in termini di diritto a difendersi. L’unico linguaggio che mi pare resti utilizzabile è quello umanitario: raccontare le sofferenze. Suggerirei pertanto d’individuare alcuni casi particolarmente eclatanti su cui sollecitare un intervento internazionale. Penso in particolare ad Aleppo, che è già diventata la nuova Sarajevo del XXI secolo. La proposta di aprire un corridoio umanitario per alleviare le sofferenze di questa città, prima che finisca anch’essa in mano a ISIS, potrebbe avere qualche possibilità di successo anche a livello mediatico. Di più, realisticamente, non mi pare possibile sperare, nel quadro d’immobilismo internazionale imbarazzante e miope che purtroppo domina".

     

    Questa mattina, Papa Francesco ha ricevuto in udienza Sua Santità Mor Ignatius Aphrem II, Patriarca siro-ortodosso di Antiochia e di tutto l’oriente. Il Pontefice, rivolgendosi all’ospite ha detto che “la sua, Santità, è una chiesa di martiri fin dall’inizio e lo è ancora oggi, in medio oriente, dove continua a patire, insieme con altre comunità cristiane e altre minoranze, le terribili sofferenze provocate dalla guerra, dalla violenza e dalle persecuzioni. Quanto dolore! Quante vittime innocenti! Di fronte a tutto questo, sembra che i potenti di questo mondo siano incapaci di trovare soluzioni”

    • Matteo Matzuzzi
    • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.