La pietra tombale sulla stagione dei vescovi-pilota
Roma. Alla fine, anche senza “vescovi-pilota”, definizione recente di Papa Francesco, la mobilitazione di piazza contro l’inculcamento a scuola dell’ideologia gender è riuscita. Mezzo milione di persone a San Giovanni, senza il sostegno manifesto della Conferenza episcopale italiana – la possibilità, comunque, non è stata neppure presa in considerazione – che da tempo ha messo in disarmo la logica della calata in piazza per difendere i valori cosiddetti non negoziabili. Il segretario generale della Cei, Nunzio Galantino, dopotutto, era stato chiaro: il gender – da lui definito “una polpetta avvelenata” – lo si combatte “con la formazione culturale, con la testa, in modo razionale”. E questo perché “la semplificazione è veramente una brutta bestia. Alla fine finisce col far affrontare temi seri, gravidi di conseguenze, in maniera poveramente e disperatamente ideologica”. La cifra di questa stagione è chiara a tutti, e lo è da tempo: in piazza, sotto i vessilli della Conferenza episcopale italiana, si va solo per pregare con il Papa, in determinati momenti. Si organizza la grande veglia sul sagrato di San Pietro alla vigilia dell’apertura Sinodo straordinario (esperienza che sarà ripetuta il prossimo 3 ottobre), si prepara un raduno di massa per far incontrare Francesco con il mondo della scuola. Ma su tutto il resto, ognuno è libero di fare come meglio crede. La linea è netta: i vescovi possono aderire a manifestazioni, marce e sit-in (e ci mancherebbe altro), ma il “marchio” ufficiale non ci sarà più. L’epoca della mobilitazione benedetta dall’alto è tramontata. Anche perché, si fa notare, il metodo ha avuto scarsi risultati in paesi come Spagna e Francia, dove pure l’episcopato si era schierato in modo (quasi) compatto.
Lo scorso 18 maggio, aprendo l’assemblea primaverile della Conferenza episcopale, il Pontefice era stato chiaro: “La sensibilità ecclesiale e pastorale si concretizza anche nel rinforzare l’indispensabile ruolo di laici disposti ad assumersi le responsabilità che a loro competono. In realtà, i laici che hanno una formazione cristiana autentica, non dovrebbero aver bisogno del vescovo-pilota, o del monsignore-pilota o di un input clericale per assumersi le proprie responsabilità a tutti i livelli, da quello politico a quello sociale, da quello economico a quello legislativo! Hanno invece tutti la necessità del Vescovo Pastore!”. Insomma, la massima che va di moda ora – dicono da Via Aurelia – è che “c’è un tempo per pregare e uno per impegnarsi secondo coscienza”. Un elemento, questo, che ha alimentato l’impressione in molti osservatori che la Cei sia una sorta di barca in balìa dei marosi e in qualche modo ancora disorientata dal nuovo corso impresso da Francesco. Così, nessun presule in piazza ma tanti inviti sparsi qua e là affinché i fedeli calassero su Roma. Il cardinale arcivescovo di Perugia (porpora consegnatagli da Bergoglio), mons. Gualtiero Bassetti, faceva mettere online – sul sito della diocesi – un comunicato in cui esprimeva “il proprio compiacimento per la manifestazione di sabato 20 giugno. Condividendone gli obiettivi di difesa dei diritti dei minori e di tutela della famiglia come ‘società naturale fondata sul matrimonio’, incoraggia la partecipazione delle famiglie e delle persone di buona volontà”. Il cardinale Carlo Caffarra, da Bologna, citava le Scritture: “Guai se il Signore ci rimproverasse con le parole del profeta, ‘cani che non avete abbaiato’”. Da Trieste, gli faceva eco l’arcivescovo Giampaolo Crepaldi, presidente dell’Osservatorio internazionale cardinale Van Thuân: “E’ ora di scendere in piazza, non si può più attendere oltre”. E così i vescovi di Ascoli, Ferrara, Foligno, Campobasso. Senza dimenticare la mobilitazione imponente a livello di parrocchie messa in campo dal cardinale vicario, Agostino Vallini.
[**Video_box_2**]E c’è anche chi ricorda che, se bisogna andare a leggere i segnali e le prese di posizione dei singoli presuli, uno degli organizzatori dell’evento del 20 giugno scorso, il professor Massimo Gandolfini, era stato invitato direttamente dal cardinale Angelo Bagnasco – che della Cei è presidente – a tenere una lezione sul gender nella cattedrale di San Lorenzo, a Genova.
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