Aborto e indulgenze
Ho deciso, nonostante qualsiasi cosa in contrario, di concedere a tutti i sacerdoti per l’Anno giubilare la facoltà di assolvere dal peccato di aborto quanti lo hanno procurato e pentiti di cuore ne chiedono il perdono”. Martedì Francesco ha scritto una lettera “con la quale si concede l’indulgenza in occasione del Giubileo straordinario della Misericordia” all’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del pontificio consiglio per la Nuova evangelizzazione, incaricato dei preparativi. Francesco ha deciso “nonostante qualsiasi cosa in contrario”. E il pedagogico briefing di padre Federico Lombardi, “non è un’attenuazione del senso di gravità del peccato”, martedì era quasi superfluo. Troppo evidente è il significato del gesto regale del Vicario di Cristo. Perdonare, ovunque venga chiesto, anche il “peccato-scandalo” per antonomasia. Perché lo si debba fare, Francesco l’ha chiarito: “Uno dei gravi problemi del nostro tempo è certamente il modificato rapporto con la vita. Una mentalità molto diffusa ha ormai fatto perdere la dovuta sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita. Il dramma dell’aborto è vissuto da alcuni con una consapevolezza superficiale, quasi non rendendosi conto del gravissimo male che un simile atto comporta. Molti altri, invece, pur vivendo questo momento come una sconfitta, ritengono di non avere altra strada da percorrere. Penso, in modo particolare, a tutte le donne che hanno fatto ricorso all’aborto”. E cosa può risvegliare un mondo che s’è fatto moralmente sordo? Una campagna etica o prima di tutto un perdono offerto e gratuito?
La campagna per una moratoria sull’aborto, inteso come diritto legittimo o moralmente indifferente del nostro tempo, che fu mossa da un piccolo giornale e che ebbe un’adeguata eco culturale e un disastroso esito politico, si basava in buona parte su una frase di Benedetto XVI: “Non si distrugge il vero presupposto per il futuro rendendo eretici l’amore e il buon umore?”. Parlava dell’aborto. Quel buon umore, è poi lo stesso che stupiva l’Innominato: “Che diavolo hanno costoro? Che c’è d’allegro in questo maledetto paese? (…) E però ognuno di costoro avrà il suo diavolo che lo tormenti. Ma nessuno, nessuno n’avrà uno come il mio. Cos’ha quell’uomo, per render tanta gente allegra?”. Un “diavolo” come quello che, nei confronti della vita, s’è impossessato del nostro mondo non se ne va, se non per il debordare gratuito di un perdono che rimette di buon umore, ciò che il gesto regale del Papa offre.
[**Video_box_2**]E scusate se è poco, ma se è poco non c’è molto altro da offrire. E siccome è un’offerta decisiva, Francesco per sua “propria disposizione” ha stabilito anche che coloro che durante il Giubileo si confesseraranno presso i sacerdoti della Fraternità San Pio X (i lefebvriani, fuori dalla comunione ecclesiale), “riceveranno validamente e lecitamente l’assoluzione dei loro peccati”. Come dire, è così forte questo perdono che vale anche laddove non sussisterebbero le condizioni canoniche. Ha anche ricordato, Francesco, che “il Giubileo ha sempre costituito l’opportunità di una grande amnistia”, grande auspicio. E stabilito che i detenuti “nelle cappelle delle carceri potranno ottenere l’indulgenza, perché la misericordia di Dio, capace di trasformare i cuori, è anche in grado di trasformare le sbarre in esperienza di libertà”. E pure liberare i carcerati, è un gesto regale.
Editoriali
Mancavano giusto le lodi papali all'Iran
l'anticipazione