Tra libri e convegni, fronti sinodali pronti alla grande battaglia d'autunno
Roma. Un anno fa erano cinque, adesso sono undici i cardinali che prendono carta e penna e mandano in stampa un libro che prende posizione sulle questioni dell’imminente Sinodo ordinario sulla famiglia (si parte domenica prossima e si va avanti per tre settimane) in opposizione agli aggiornamenti perorati nel concistoro segreto del febbraio 2014 da Walter Kasper. Alla fine l’ultima parola spetterà al Papa, che durante il viaggio negli Stati Uniti ha confermato che al termine dell’appuntamento sinodale saranno “prese decisioni”. I porporati provengono da ogni parte del mondo: un sudamericano (Urosa Savino), due africani (Onaiyekan e Sarah), un indiano (il presidente della locale conferenza episcopale, Baselios Cleemis), sette europei (Caffarra, Cordes, Duka, Eijk, Meisner, Rouco Varela, Ruini).
Il volume, “Matrimonio e famiglia – prospettive pastorali di undici cardinali” è edito da Cantagalli ed è curato da Winfried Aymans, professore emerito di diritto canonico alla Ludwig Maximilians Universität di Monaco. I contributi sono finalizzati a presentare soluzioni per la cura pastorale delle famiglie, soprattutto dei cattolici che si trovano in situazioni irregolari o che hanno scelto di sposarsi civilmente. “Come possiamo catechizzare bambini, giovani e adulti più efficacemente a proposito di matrimonio e famiglia”, si domandano gli undici porporati, in un mondo “pesantemente influenzato da una cultura secolarista?”. Sul punto più controverso e di cui più s’è discusso al Sinodo dello scorso anno, la comunione ai divorziati risposati, il cardinale Willem Jacobus Eijk, arcivescovo di Utrecht, città cuore della chiesa olandese dove i cattolici sono ormai avviati all’estinzione – capita anche che gli edifici di culto, vuoti ed economicamente insostenibili, vengano trasformati in parchi divertimenti per sfide di skateboard – scrive che in molte realtà è già un fait accompli: “In parecchi paesi dell’Europa occidentale quasi tutte le persone divorziate e risposate civilmente ricevono la comunione eucaristica. Un prete che abbia il coraggio di essere ‘cattivo’ e di dire loro che non hanno le disposizioni richieste per riceverla, può aspettarsi una reazione molto negativa ed emotiva”.
[**Video_box_2**]Con l’appuntamento sinodale ormai alle porte, i due schieramenti sono definiti: da una parte i fautori dell’aggiornamento ai tempi correnti della pastorale – sulla base del principio che non serve a nulla ripetere quel che s’è sempre detto e che la Familiaris Consortio di san Giovanni Paolo II non contempla certe situazioni non emerse nei primi anni Ottanta –, dall’altra chi si oppone a ogni separazione tra dottrina e prassi pastorale, a cominciare dalla possibilità di riaccostare alla comunione i divorziati risposati. Il Papa, con i due motu proprio sulla riforma del processo di nullità matrimoniale, ha tolto dal tavolo della contesa uno degli argomenti di possibile divisione, negando che nei due documenti sia riscontrabile una traccia sottile che possa far pensare a una forma di divorzio cattolico. Della questione si è parlato anche ieri all’Angelicum, in un convegno “Permanere nella Verità di Cristo” cui hanno partecipato, tra gli altri, il segretario della congregazione per le chiese orientali, mons. Cyril Vasil’ S.I., i cardinali Raymond Leo Burke e Carlo Caffarra. Quest’ultimo, che ha tenuto l’intervento d’apertura, ha detto che “la sacramentalità non è un francobollo”, e che il “Mistero è stato esiliato dal matrimonio”. Quanto al paragrafo 137 dell’Instrumentum laboris, che a giudizio di una sessantina di docenti, filosofi e teologi, rischia di sconfessare il contenuto dell’enciclica Humanae Vitae, Caffarra ha sottolineato come si tratti di un paragrafo “errato da ogni punto di vista”.
Editoriali
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