Appello per un sinodo laico
Il clan, la poligamia, il parentado, la famiglia monogamica nucleare: ecco, ci vorrebbe un sinodo laico per discutere del maggiore problema del nostro tempo. La chiesa cattolica fa quel che può, ed è molto. Due sessioni a un anno di distanza, e molti altri luoghi di riflessione, discussione, elaborazione, per consultarsi e dividersi e stabilire verità solide, per quanto provvisorie, in una situazione fluida e inafferrabile in cui tutto si mischia confusamente (sessualità, aborto, omosessualità, celibato, eugenetica, educazione, cultura e libertà). Ma il mondo secolare, laico, esterno alla vita della chiesa e fuori dalle sue mura, che fa? Guarda, giudica, pontifica su quanto e come il Papa gesuita sia capace di far entrare, come si dice, la chiesa nella modernità.
Ora, va bene il conformismo, ce n’è sempre bisogno, ma siamo sicuri che il matrimonio seriale postdivorzile, il contratto prematrimoniale che è (come dice Scruton) un’anticipazione del divorzio all’atto delle nozze, l’abbandono sistematico di figli e figlie e donne o uomini amati, la rincorsa coatta di sempre nuove vite, lo schiantamento dell’autorevolezza di una istituzione sociale coesiva, che anche nelle forme civili è concetto teologico secolarizzato; siamo sicuri che tutto questo sia solo qualcosa di passabilmente moderno, qualcosa che va bene, e non stiamo a farla tanto lunga, adesso si usa così? Il matrimonio è stato criticato da molti punti di vista, è stato considerato un ideale filisteo, borghese, è stato svilito, satireggiato, è stato giudicato un colmo di ipocrisia sociale e come tale rifiutato, ma non è mai stato intrinsecamente corroso, debilitato, svuotato e quasi annullato come sta avvenendo oggi in una parte del mondo che è l’occidente. Gli studi di Roberto Volpi dimostrano che il matrimonio è sulla via del tramonto, va a esaurimento. Gli studi sociologici di Achille Ardigò hanno mostrato l’infinita miseria, e pericolosa, di una società scollata dalla dissoluzione della famiglia. E questi studiosi non hanno fatto del moralismo, tanto meno della teologia matrimoniale, si sono limitati a mettere insieme gli elementi del puzzle, per dirla con una certa frivolezza, e ne è venuto fuori il ritratto sfigurato di un volto a noi sconosciuto.
I vescovi e gli esperti ecclesiastici discutono, sarà il Papa a trarre le conclusioni. La chiesa è fatta così. Ma è curioso che storici, antropologi, sociologi e intellettuali cosiddetti generali del mondo non tonsurato, ché poi laico questo vuol dire, non si facciano avanti, invece di scartabellare tra gli instrumenta laboris del sinodo romano, e non avanzino un qualche loro interrogativo, una qualche loro ipotesi di lavoro e di studio, e non dicano la loro sulla questione delle questioni. Da ragazzo i figli dei genitori separati (il divorzio non c’era in Italia) erano un’eccezione. Ora sono un’eccezione i figli di genitori uniti in un vincolo considerato come indissolubile o almeno vissuto come definitivo. La variabilità statistica indica che qualcosa di galoppante sta trasformando la società umana nel punto critico della generazione e dell’amore, dell’educazione e della solidarietà, dell’amicizia e della coesistenza domestica.
[**Video_box_2**]Non è un problema del catechismo. Non è affare di speculazione lgbt. Non è un argomento per fissati della manif pour tous o di cattolici tradizionalisti. E’ un orizzonte di vita che si frammenta. Magari si allarga e si complica con ottime intenzioni d’amore e di sviluppo della personalità libera. Forse in nome di un diritto di famiglia e di una contrattualità che risolve, abbattendolo, lo spirito carcerario della vecchia istituzione, legata a un ruolo della donna che non c’è più, a uno statuto dell’autorità paterna che è solo un ricordo. Va bene, discutiamo della famiglia allargata, della riforma morale e intellettuale del matrimonio, discutiamo di quello che volete, ma parliamone. Come diceva un mio vecchio amico, di mamma (per fortuna) ce n’è una sola.
Editoriali
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l'anticipazione